Pagina:Il Catilinario ed il Giugurtino.djvu/233

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182 Frammenti

ultimo quelle cose che i più iniqui ed i più stolti fermaron di fare, quelle è forza si facciano da’ buoni e savii cittadini. Perocché la guerra e le armi, quantunque odiose a voi, non pertanto, perchè piacciono a Lepido, si hanno a prendere: se pur non si pensi che si possa ad un tempo la pace mantenere, e sostener la guerra. Oh buoni Iddii, che questa città, quantunque a voi non più grata ed accetta, pure ancora reggete; Marco Emilio, schiuma di tutti i ribaldi, che giudicar non si può se più malvagio sia o dappoco, ha in punto un esercito ad opprimer la libertà, e, di vile e dispregevole uomo ch’egli era, terribile or si è renduto. Voi, mormorando, e, per oracoli e vane promesse d’indovini, ognor ritrattandovi, più desiderate la pace, che non la difendete; nè vi accorgete che, con la fiacchezza de’ vostri decreti, a voi la dignità, a quello scemate il timore. Ed è ben ragione: dappoiché quegli con le rapine si acquistò il consolato, e per la sedizione gli fu data a regger la provincia con l’esercito. Che avrebbe egli mai avuto per buone opere, se alle sue scelleratezze tanti premii voi deste? Affè che quei che insino alla fine legati, pace, concordia, ed altre di tal fatta cose decretarono, si acquistaron la sua grazia: anzi, spregiati, e tenuti indegni de’ pubblici officii, sono da lui stimati sua preda, come quelli che per timore raddomandan la pace che per timore han perduto. Io, invero, quando dal principio vedeva l’Etruria levarsi a rumore, richiamarsi i proscritti, e con largizioni dilaniar la repubblica, avvisai dovermi affrettare, e seguii con pochi i consigli di Catulo. Ma quelli, che le buone opere esaltavano


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