Pagina:Il Catilinario ed il Giugurtino.djvu/26

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prefazione xix

forza di confessare che oggi esse vanno. E per rispetto alla filosofia ed alle scienze non temerò di aggiugnere che ad esse, non meno che alla poesia ed all’eloquenza, importar debbe, e può tornare utilissimo, il buono ordinamento e lo studio dell’arte dello scrivere. Conciossiachè, lasciando star che, come dissi avanti, mal si conviene la laidezza e la bruttura a quelle nobili discipline; esse non hanno sol mestieri dell’arte della parola per causar lo squallore e la viltà della veste, ma ancora più per aggiugnere il loro scopo. Perocchè, se il loro fine è di discoprire il vero, e di ammaestrar gli uomini, e se gli uomini altro modo non hanno di comunicare con gli altri i loro pensamenti, se non la parola e la scrittura, di gran pregio e sommamente necessaria alle scienze si dee tenere l’arte che insegna a ben parlare ed a scrivere. Senza che, quanto più astrusa e difficile è la materia della quale si ha a ragionare, tanto più malagevole e difficile è il trattarla, e maggior arte si richiede nello scrittore che prende a svolgerla e dichiarare; altrimente alla naturale oscurità e malagevolezza delle cose egli aggiugnerà pure quella del reo ordinamento dell’opera e dello stile. Ma, oltre a tutte queste ragioni, un’altra ce ne ha, ed un’altra ancora, che molto far ci dovrebbero solleciti e studiosi di questa difficile arte. Chiunque ha fior d’ingegno, o filologo egli sia, o dato alle scientifiche speculazioni, può bene avere osservato che le idee ed i concetti delle cose, quantunque ei gli abbia ben percepiti, pur non di meno, dovendo quelli con altri comunicare, di non lieve fatica ha mestieri: che gli è forza di nuovamente disaminarli e sottilmente discioglierli nelle loro parti, e dar loro ordine e forma acconcia per far che essi dalla sua passar possano nell’altrui mente. Sicchè questo lavoro o esercitazione non pure fa acquistar l’abilità di bene e precisamente e con chiarezza ed ordine communicar con gli altri i nostri pensamenti, ma adusa ancora l’intelletto a sottilmente, tutto disaminare ed a non istarsi contento solo ad un leggero e general concetto delle cose. E, se neppur questo bastasse a cotesti severissimi filosofanti, nemici implacabili dell’eleganza e del bello, io lor dimanderei se il bene ed il vero non sono strettamente congiunti col bello, e la fonte più limpida onde esso emerge? E, s’egli è così, i giovani adusandosi nelle scuole delle umane lettere a discernere e ritrarre il bello, non si avvezzano in certa