Pagina:Il Catilinario ed il Giugurtino.djvu/57

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6 il catilinario

di noi distendere e rallungare. Perciocchè gloria e onore di ricchezza e di bellezza è mutevole e fragile; la virtù è famosa e tesoro eternale. Ma di questo fu lungo tempo fra gli uomini grande quistione: se per forza di corpo o per virtù d’animo li fatti cavallereschi1 più e maggiormente andassono innanzi.2 Perchè anzi che si comincino i fatti3 è mestieri il buono consiglio, e poichè il consiglio è preso si è sbrigatamente mestieri il fatto4 e così e l’uno e l’altro, insufficiente per sè, l’uno dell’altro ha bisogno. Dunque al cominciamento i re, perciocchè in terra questo fu primo nome di signoria, alcuni di loro studiavano e adoperavano in loro e in lor gente5 lo ingegno, e alcuni altri il corpo. E infino a quel tempo senza avarizia e desiderio vivevano, e le sue cose proprie a ciascuno piaceano e contentavano assai6. Ma, poichè in Asia il re Ciro, in Grecia li Lacedemonii e li Ateniesi cominciarono a conquistare e sottomettere cittadi e genti, e ad avere cagione di guerra e di battaglia la grande voglia del signoreggiare, e a credere che somma gloria fosse in avere grandissima signoria7; allora finalmente8 per pericoli e altri fatti fu trovato e veduto che in guerra e in battaglia molto puote e vale ingegno. E se la virtù


    a fine che, onde che, ec.; ma in imitarli conviene andar molto cauti, anzi è meglio usare i modi, più brevi e più frequentemente adoperati dagli scrittori degli altri secoli, conciossiachè, affinchè, ec.

  1. li fatti cavallereschi è a sapere che qui sta per i fatti di guerra, i fatti militari; chè quei buoni primi padri del trecento dicevano cavalleria per milizia, cavaliere per soldato, cavalleresco per militare, come leggesi nella versione di Vegezio di Bono Giamboni, lib. I, c. 4. L’usanza di esser presto e leggiero fa essere buon cavaliere... Perchè, stando nell’oste il giovine acconcio a battaglia, per fatica e per uso la cavalleria appara. Ma di queste anticaglie non si vuole esser vago; e si hanno a saper per intenderle, non per adoperarle.
  2. andassono è uscita antica del verbo andare in luogo di andassero, come andrebbono per andrebbero, fossono per fossero,e simiglianti. Le quali o non si debbono usare oggi in prosa, o lasciarle adoperar solo a quelli che sono già maestri dell’arte dello scrivere, i quali sanno ben servirsene.
  3. perchè anzi che si comincino i fatti) Perchè è particella che ha varie significazioni e varii usi, come si può vedere nel nostro Trattato delle particelle della lingua italiana, ed in questo lungo vale per la qual cosa, laonde, e quando si adopera in questa significazione, suol prendere pure l’articolo avanti, e dicesi il perchè, e talora per il che. Anzi di sua propria natura, e segnatamente quando si congiunge col che, corrisponde all'antequam o al priusquam de’ Latini. Si vegga il nostro trattato delle particelle.
  4. si è sbrigatamente mestieri il fatto) Si ponga ben mente a questo luogo, che è maraviglioso per brevità; c si osservi quel si è mestieri il fatto, il quale vale: è bisogno, bisogna che si faccia, che si adoperi. I giovani veggano nel Vocabolario della Crusca tutt’i varii usi di questa voce mestieri.
  5. in loro e in lor gente) Anche queste parole aggiungono al detto da Sallustio, che ha: pars ingenium, alii corpus exercerbant.
  6. e le sue cose proprie a ciascuno piaceano e contentavano assai) Si consideri bene questo luogo, dove sono due verbi, i quali richiedono diverso reggimento, ma pure si vedono amendue costrutti allo stesso modo: chè piacere una cosa ad uno sta bene, ma contentare una cosa ad uno no; ed il nostro autore non avrebbe così fatto, se li avesse adoperati separatamente. Nulladimeno si ha a sapere che, per proprietà di nostra lingua, quando due verbi son posti l’uno accanto all’altro, ed hanno diversi reggimenti, si può dare ad amendue un sol reggimento, o piuttosto tacere il reggimento che richiede il verbo che immediatamente precede o segue il nome che è soggetto di amendue i verbi. E perciò nel Galateo del Casa leggiamo alla pag. 81: E a questi sono assai simiglianti i beffardi, cioè coloro che si dilettano di far beffe e uccellare ciascuno, non per ischerno, nè per disprezzo, ma per piacevolezza.
  7. in avere grandissima signoria) Signoria propriamente vale dominio, potestà, giuridizione. Il Boccaccio, nov. 46, 16, disse: La cui potenza fa oggi che la tua signoria non sia cacciata d’ Ischia. Veggasi nei Vocabolario le altre significazioni ancora di questa voce.
  8. allora finalmente ec.)Ci par qui da avvertire che le particelle poichè, dappoichè, quando, se e simili, possono star sole in una clausola, e talvolta ancora col riscontro di allora: ma in quest’ultimo modo si ha a fare solo