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La mattina seguente il suonatore venne a trovare Bellia come fossero amici da lungo tempo e della stessa condizione. Depose il suo strumento avvolto in un panno all’ombra di uno scoglio e si sdraiò sulla sabbia accanto a Bellia e al cane.
La madre non osò dirgli nulla; lo guardava però con diffidenza e trovava veramente qualche cosa di strano e d’inquietante in quel lungo corpo bruno tutto ossa, in quei piedi grandi e piatti, e sopratutto nel viso olivastro e camuso simile a quello dei negri. Anche i capelli erano neri e crespi, mentre gli occhi grandi e tristi avevano un colore indefinito a volte verdastri come quelli dei gatti.
Non parlava: Bellia si divertì a buttargli manciate di rena sui capelli ed egli lasciò fare scuotendo solo la testa come l’avesse bagnata: il cane si aggirava loro intorno e dapprima parve ostile al suona-