Pagina:Il Governo Pontificio o la Quistione Romana Di Edmond About.djvu/107

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zione reclama l’uso de ’ suoi diritti, che i sennati dittatori gli rendono.

Ho spesso ragionato nello Stato del Papa con uomini illuminati, onorevoli e che vanno per la prima nella classe mediana, i quali m’han detto ad un dipresso:

« Se ne piovesse dal cielo un uomo vigoroso per recidere i nervi degli abusi, riformare l’amministrazione, rinviare i preti alla chiesa e gli Austriaci a Vienna, promulgare un Codice civile, risanare il paese, ridonare alla cultura le pianure, ringagliardire l’industria, agevolare il commercio, condurre a termine le vie ferrate, secolarizzare l’insegnamento, propagare le idee moderne e porci in istato di stare a confronto di Francia, noi cadremmo a’ suoi fiè, e gli saremmo, come a Dio, obbedienti. Vi dicono, che non siamo governabili: ma dateci un principe atto al governo, e vedrete se andremo rimessi nell’affidargli il potere! Qualunque ei siasi, e venga donde vuole, ei sarà donno e padrone di far sua balia, finchè rimanga una sola cosa a fare. In cambio, unicamente domandiamo che, terminato il suo compito, ne permetta di condividere il potere con essolui: e state a sicurtà che anche costi farem peso da carbone. Facili sono gl’Italiani, e punto ingrati. Ma non richiedeteci di sobbarcarci a perpetua dittatura, oziosa, taccagna, ruinosa, che vegliardi cadenti trasmettonsi di mano in mano. E fosse pure che essi medesimi la usassero! Ma ciascun di