Pagina:Il Governo Pontificio o la Quistione Romana Di Edmond About.djvu/18

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«Ultimamente ci dicono: or son coteste le promesse date dal Papa nel suo motu-proprio del 12 settembre? Ahi! che gl’infallibili falliscano ai loro più sacri impegni

Tanto é amaro, che poco è più morte».

Punto dubito che le riferite doglianze non abbiano alcun che di troppo, sendomi impossibile pensare che una nazione abbia cosi fondato motivo di piato contro i reggitori suoi. Veggiamo i fatti ad uno ad uno; appresso giudicheremo; chè va sano chi va piano.

Voi avete udito il linguaggio di tre milioni centoventiquattro mila seicento sessantotto individui, certo dei più intelligenti, dei più svegliati, dei più eminenti della nazione. Ponete da banda la parte dei conservatori, ciò val dire, gl’interessati nell’amministrazione della cosa pubblica, e gl'invigliacchiti da essi; non rimangono che malcontenti.

Nè questi sono battuti tutti egualmente ad un conio. Ve ne ha che supplicano a mani giunte, ma inutilmente, il Padre-santo di risecare gli abusi: ed è il partito moderato. Altri si avvisa di riformare tutta per intiero la amministrazione dello Stato: e costoro si addimandano radicali, rivoluzionarii o mazziniani, lo che equivale, anzichè ad una cilecca, ad un’ingiuria. Cotesta categoria non si pèrita gran fatto sulla scelta dei mezzi, seguendo in questo i casuisti gesuiti, che asseriscono, la santità del fine santificare parimente il mezzo. Essa vi dirà, senz’ambagi,