Pagina:Il Governo Pontificio o la Quistione Romana Di Edmond About.djvu/214

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campagna di Roma; chè allora avrebbe il loro lavoro un motivo, la loro esistenza uno scopo, la loro famiglia avvenire.

Temesi che eglino rifiutino di coltivare paese malsano? Mainò: imperciocchè son dessi che, tutte le volte che un proprietario il consenta, vi si danno a tutto uomo: son dessi che, al dischiudersi della primavera, discendon dai monti per franger le zolle a colpi di badile, ed a perfezion condurre il lavoro dell’aratro: son dessi finalmente che tagliano la messe sotto i funesti ardori del mese di giugno. Si gettano sur un campo di spini; zappano dal sorgere al cader del sole, non da altri alimenti rifocillati che da pane con poco formaggio. Dormono a ciel sereno, fra le pestifere esalazioni dei campi, donde parecchi di loro non si ridestano più. I restanti, dopo una mietitura di undici giorni, più assai perigliosa che una battaglia, recano alle povere famiglie 20 lire.

Se potessero stringere un’enfiteusi, o prender la terra ad anno, siccome i coloni di Bologna e i mezzadri dei paesi nostri, guadagnerebbero di vantaggio, nè a perigli esporrebbonsi. Potriano esser collocati, cosi per saggio, fra Roma e Montopoli, fra Roma e Civita-Castellana, nelle vallate di Ceprano, nelle colline che si distendono intorno ai Castelli di Roma. Vi respirerebbero l’aere sano cosi come quello de’ loro monti, ove la febbre fa pur di tanto in tanto capolino. Tosto, il sistema colonico, andando a rilento, ma andando, verificherebbe il bel sogno di