Soleano in pria, le agnelle e le giovenche
Tolse e gli asini in un coi tori agresti,
E de’ campi gli addusse ai pazïenti
Lavori, quanti sì davangli frutto. 310Hoshèng, di questa terra ampio signore,
In suo senno dicea: Questi vi abbiate
A coppie a coppie vosco ripartiti
Pacifici animanti, e il suol smuovete
Con essi ancor. Frutto ne avrete: un dolce 315Tributo da lor opre, li nutrendo,
Coglier pensate con intenta cura.
Quindi il buon prence a molti animaletti
Che avean morbido pel, conigli e tassi,
Armellini e di pel folto e lucente 320Faine e volpi, tolse con maestro
Colpo la cara vita e trasse il cuoio
Morbido e lieve, e ne vestì le membra
Degli uomini parlanti. Avea quel prence
Fatto ai mortali doni eletti, ancora 325Goduto avea, ma, tutto abbandonando,
Si morì, nè con sè, fuor che onorato
Un nome, nulla via recò dal mondo.
Per quarant’anni, con virtù, con gioia,
Oprando visse e fe’ giustizia e grazia, 330Molto s’afflisse ancor nella sua vita
Per pensier gravi e molte cure. E allora
Che tempo venne a lui di più felice
E fermo stato in cielo, ampio retaggio
Restò di lui di sua grandezza il trono. 335Il fato non gli avea concesso in terra
Lunghi giorni di vita, ed ei partissi
Con tutto il suo saper, col senno suo
E l’antica virtù. — Che a te si avvinca
D’amicizia il destin, non fia giammai, 340Mai non fia ch’ei ti mostri aperto il volto.