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Pagina:Il Libro dei Re, Vincenzo Bona, 1886, I.djvu/213

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Dell’esser suo, nè pronunciò suo nome.
     1370Ma posato egli avea sul suolo appena
Il concitato piè, giù dal terrazzo
Disceso allor, che sopra qual procella
Fredùn ratto gli fu. Stese la mano
Alla clava dal capo di giovenca,
1375E in fronte lo colpì, l’elmo gl’infranse.
     Venne Seròsh, angiol di Dio beato,
Correndo presso a lui. Non giunse ancora
L’ora estrema per lui!, disse. Rattieni,
Fredùn, i colpi tuoi. Ma fortemente
1380Qui, qui l’avvinci così pesto e sfatto,
E il traggi dietro a te fin che sarai
A due monti vicin. Meglio ti fia
Se catene egli avrà della montagna
Ne’ recessi deserti, ove nessuno
1385Venga de’ fidi suoi, niun de’ congiunti.
     Udì l’eroe, nè s’indugiò; ma tosto,
Col cuoio d’un leon, possente un laccio
Formossi, e con quel laccio ambe le mani
E i fianchi strinse all’arabo signore,
1390Sì che quei nodi non avrìa disciolti
Un elefante in suo furor. Si assise
Fredùn allor su l’aureo trono, e quella
Empia legge abiurando, al vinto prence
Sì cara un dì, fe’ su le regie porte
1395Questo editto bandir: Quanti di voi
Hanno vigil la mente e il senno intègro,
Depongan l’armi. Non per questa via
Cercasi un uom guerrier fama soltanto
O disonor qui in terra. E non è bello
1400Ch’uom d’armi e battaglier faccia sue prove
Di guerresco valor con quei che tragge
Vita dall’arte sua. Del pio colono,
Dell’uom di guerra ch’è di clava armato,
Son l’opre manifeste e definite,