Pagina:Il Libro dei Re, Vincenzo Bona, 1886, I.djvu/62

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sìvez e i loro congiunti. Pîrân intende la dura necessità e non sa che rispondere; ma quanto a lui, come potrebbe viver tranquillo nell’Iran laddove si troverebbe con Gûderz, i cui valorosi figli furono tutti uccisi nella battaglia di Peshen o da lui o da’ suoi congiunti? Egli adunque non può che ricusare l’offerta di re Khusrev.

Pîrân così ritorna al campo, e i Turani più che mai si ostinano nel voler la battaglia, mentre Rustem dall’altra parte esorta i suoi a diportarsi da valorosi. S’impegna allora una nuova battaglia, nella quale cadono per mano di Rustem molti prodi Turani, come Shengul, Sâveh e Kahàr Kahàni; lo stesso principe di Cina cade prigioniero nelle mani di lui, e i Turani sono interamente sconfitti. Rustem invia lettere e doni a re Khusrev per annunziargli la sua vittoria, e Khusrev gli manda in premio ricchissimi doni accompagnati da una lettera.

Giunto Ferîburz latore di quella lettera e di quei doni, Rustem prosegue il suo viaggio vittorioso e prende la città dell’ingiustizia in cui abitava Kàfûr l’antropofago. Ma Afrâsyâb che ha udito le vittorie di lui e ha saputo ch’egli si avvicina, si prepara nuovamente alla guerra e chiama in aiuto il principe Pùlàdvend. Ma anche con Pùlàdvend i Turani sono vinti, e Afrâsyâb fugge nuovamente e più lontano. Rustem e Tûs ritornano nell’Iran.

Un giorno che re Khusrev sedeva co’ suoi principi a bere in un giardino, ecco che arriva trafelato un povero pastore che chiede soccorso perchè un onagro ardimentoso disperde e mette in fuga le sue puledre. Quell’onagro non è altri che il Dêvo Akvân, e re Khusrev se ne avvede ben tosto. Rustem è richiamato dal Segestân