Pagina:Il Libro dei Re, Vincenzo Bona, 1886, I.djvu/79

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Ma perchè essa vuol regnar libera e non come tutrice del re ancora infante, Humây nascostamente fa rinchiudere il fanciullo in un’arca di legno e gettar nell’Eufrate. Un lavandaio raccoglie quell’arca, la reca alla sua donna, e tutt’e due restano stupiti di trovarvi un fanciullo ancora in fasce, tutto adorno di pietre preziose. Al fanciullo fu posto il nome di Dârâb, perchè fu ritrovato nelle acque.

Dârâb cresce bello e gagliardo e male si acconcia alla vita umile del lavandaio. La moglie di costui gli rivela un giorno in qual modo egli sia stato trovato, e Dârâb, udendo che un esercito dell’Iran va contro i Greci, chiede e ottiene di esservi compreso. Una notte, Rishnavàd, il capitano, dall’angelo Serôsh ha rivelazione dell’essere vero di Dârâb. Il giovane dà inaudite prove di valore, sconfigge i Greci, e Rishnavàd ne scrive meravigliato, narrando tutto ciò che ha saputo, alla regina. Questa riconosce il figlio suo in Dârâb e pentita lo richiama a sè e lo proclama re.

Il re Dârâb. — Il breve regno di Dârâb incomincia con una spedizione contro l’arabo Shoaib che tentava invadere l’Iran. Dârâb, vinto Shoaib, dall’Arabia si volge verso la Grecia dove regnava Faylakûs (Filippo di Macedonia), che egli vince e col quale conchiude anche una pace, ottenendone in matrimonio la figlia di nome Nàhìd. Ritornato nell’Iran, egli rimanda la sua sposa, già incinta, in Grecia per guarirla da un grave incomodo con un’erba che vi cresce, detta iskender. Là essa dà alla luce un fanciullo a cui vien posto il nome di Iskender o Sikender (Alessandro Magno).

Il re Dârâ. — Morto Dârâb, gli succede nel regno il figlio Dârâ (Dario Codomanno), natogli