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assediata dalla poveraglia, come avveniva quando la nonna era ancora in vita e non le si poteva impedire di fare a modo suo.
Santa e martire pure essa la cognata, col marito che pensava soltanto ai levrieri da far correre, vestito come un burattino, all’inglese, e che sciupava quattrini per questa sua smania e per le donne di teatro a Palermo, lasciando rodersi di gelosia e di umiliazione la bella e buona creatura che Dio poi aveva inchiodata paralitica nel letto dove era morta di sfinimento.
Oh! Quando la baronessa cominciava a parlare delle persone di casa sua, non la finiva più; ed era così schietta e sincera da far sospettare che sentisse una specie di compiacimento nel mostrare che, infine, i Roccaverdina appartenevano quasi a una razza diversa dall’ordinaria, non importava se nelle cose buone o nelle cattive. Le donne però vi erano state tutte sante; e forse ella attribuiva un po’ di santità anche a sè stessa, pensando ai guai che le aveva fatto patire il barone suo marito.
Zòsima stava ad ascoltarla con vivissimo piacere ogni volta che la baronessa ragionava della gente di casa Roccaverdina. E quella sera che nell’accomiatarsi si sentì mormorare nell’orecchio: — Ah, figlia mia, forse Dio esaudirà le mie preghiere! — e l’accento e l’espressione degli occhi le fecero intendere di che cosa si trattasse, ebbe una vampa alla faccia e non