Pagina:Il Marchese di Roccaverdina.djvu/328

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con quegli occhi che guardano e non vedono... Lo hai osservato bene il mio idoletto? Non ti sei neppure accorta che ha la testa di un cane!

Era proprio spaventata spaventata, come diceva lo zio Tindaro. Le rombava nell’orecchio il tono aspro, quasi villano, della voce del marchese, quale fin’allora non le era accaduto di udirlo in parole rivolte a lei. Per giungere a questo punto, ella rifletteva, il turbamento del marchese doveva essere grandissimo; rimorso più che turbamento, se lo zio gli aveva consigliato: — Levati di torno quel compare Santi! — ed egli non aveva voluto dargli retta perchè un affare quando è concluso... è concluso!

In un angolo del salotto, il cavalier Pergola discuteva ad alta voce con don Aquilante intorno ai primi capitoli della Genesi. Di tratto in tratto si udiva la voce severa di don Aquilante che ripeteva: — Parole il cui senso non è stato ancora compreso! — E la replica del cavaliere: — Bisognava appunto attendere voi per sentirselo spiegare! — Come fossero arrivati fino alla Genesi parlando del suicidio di compare Santi, nessuno dei due avrebbe saputo dirlo; certamente avevano fatto presto. Lo zio don Tindaro che si era avvicinato ad essi, udito di che si trattava, guardato in faccia suo genero e crollata la testa, si era allontanato borbottando:

— E poi si ricorre alle reliquie dei santi!

Passando davanti a la signora Mugnos e Cristina