Pagina:Il Marchese di Roccaverdina.djvu/36

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— Le donnacce come lei sono capaci di tutto!

— Comanda altro, voscenza?

Agrippina Solmo non dissimulava l’impazienza di andarsene.

— Badate a quel che fate! Uomo avvisato è mezzo salvato, — rispose seccamente la baronessa.

E la seguì fino all’uscio con gli sguardi aguzzi, tetri di rancore, che sembrava la sospingessero fuori per le spalle.

— Questa è la grossa spina che ho nel cuore! — ella esclamò. — Dopo d’aver fatto tanto per indurre mio nipote a darle marito!... Almeno non c’era più pericolo di vedergli commettere una pazzia!... Ma già noi Roccaverdina siamo, chi più chi meno, col cervello bacato! Mio fratello il marchese, padre di mio nipote, sciupava tempo e danaro con le corse dei suoi levrieri. Voi non lo avete conosciuto. Si era fatto fare un vestito da burattino, all’inglese, diceva lui, e andava attorno pei paesi vicini a ogni festa di santi patroni, facendo la concorrenza ai ginnetti... Mio fratello il cavaliere si è rovinato per le antichità! Scava ossa di morti, vasi, brocche, lucerne, monetacce corrose, ed ha la casa piena di cocci. Suo figlio se ne è andato a Firenze a studiare pittura, in apparenza; a buttar via quattrini, in realtà; quasi suo padre non bastasse da solo a mandar per aria il patrimonio!... Mio nipote, il marchese attuale... Oh! C’è il castigo di Dio su la nostra casa!