Pagina:Il Marchese di Roccaverdina.djvu/97

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— Mia zia diceva bene: Non dovevo sposare quella donna, per l’onore della nostra famiglia dove non è mai avvenuto nessun incrociamento con sangue basso.... Ma io non sapevo staccarmene. Convivevo da quasi dieci anni con lei....

— In peccato mortale — suggerì il prete.

— Come tanti altri — replicò il marchese. — La società non è un convento di frati che hanno fatto voto di castità. La carne ha le sue imposizioni; e i pregiudizi sociali sono talvolta più potenti delle stesse leggi umane e divine. Ho fatto male, come tanti altri; non mi accorgevo di far male. Eppure volevo impedirmi di arrivare fino all’eccesso paventato da mia zia e dagli altri miei parenti. Ci sarei arrivato più tardi, se non avessi preso la risoluzione.... Fu un patto, fra noi tre. Una sera, chiamai Rocco e gli dissi: — Devi sposare Agrippina Solmo.... — Contavo su la devozione di lui, su la sua fedeltà. Rispose: — Come vuole voscenza — — Dovrai però essere suo marito soltanto di nome!... — Non esitò; rispose: — Come vuole voscenza — Giuralo! — Giurò.... Poteva rifiutarsi....

— Ma è stato un gran sacrilegio! — esclamò il prete.

— Allora, chiamai lei. Ero sicuro della sua risposta. Per quasi dieci anni, l’avevo vista davanti a me umile, obbediente come una schiava, senza ambizioni di sorta alcuna. Questo formava la sua forza, il suo potere sul mio cuore. Le dissi: — Devi spo-