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il mistero del poeta 235


— Perchè — diss’ella — a casa mia lo crederebbero di certo. Però mi fido di Lei.

In fatto non so come la cara giovinetta potesse avere fiducia in me che conosceva appena, e certo il suo atto non era conforme alla prudenza del mondo. Credo averlo giudicato anche allora, quando disse: mi fido di Lei. Confesso che tacqui, con un lampo di rimorso, il mio giudizio e la pregai, palpitando, di parlare.

— Vorrei che la mia amica fosse felice — disse ella arrossendo ancora — e credo di aver capito come lo sarebbe.

Giunsi le mani in silenzio; una gratitudine, una tenerezza troppo forte mi facevan groppo alla gola. — Ho saputo tutto dalla zia — riprese Luise — che lo sapeva dal dottor Topler. Violet non mi ha raccontato niente. Mi ha detto solamente che parte stasera e che se vedevo Lei, Le facessi i suoi saluti. Allora la zia non mi aveva ancora parlato e mi meravigliai molto di questa partenza affrettata. Violet mi abbracciò, mi baciò, mi disse: cara bambina! — e niente altro. Io l’amo quanto posso, ma già lei mi