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368 il mistero del poeta

cano, toccai il cocuzzolo deserto del monte, colsi tra le macerie un fiore per Violet e, data un’occhiata distratta alle torri diroccate e agli abissi, ridiscesi a salti, impaziente di lasciare quella sinistra solitudine, impaziente di rivedere la mia fidanzata, immaginando sventure e rimproverandomene come di una pazzia.

A pochi passi dal cancello della Drachenburg incontrai Steele. Sorrideva, ma con imbarazzo; e mi chiese subito, con gran premura, le mie impressioni. L’osservai, era pallido; vide un sospetto negli occhi miei e fece atto di trattenermi — Dio mio! — esclamai, slanciandomi avanti. — Cosa c’è?

Egli mi afferrò alle braccia e ripeteva: — Si fermi, non c’è niente, ma si fermi un poco. — Mi strappai da lui e corsi dove avevo lasciato Violet.

Ella non v’era più; non v’era nessuno. Mi guardai attorno smarrito. — Senta! mi gridò Steele che stava per raggiungermi. Non lo ascoltai e feci rapidamente il giro della villa. Dall’altra parte, davanti alla fronte che guarda il Reno, vidi Violet e mi fermai di botto, senza respiro, come colpito al cuore.