Pagina:Il Novellino di Masuccio Salernitano.djvu/260

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etiandio i Santi possono e sono in questa presente vita sotto fede di finta bontà molte volte da altri traditi e beffati.


NARRAZIONE.


Angelo Pinto nostro Salernitano, secondo gli antiqui che il cognobbero affermano, fu ai dì suoi il più solenne maestro d’ingannare altrui con ogni singolare beffa che per Italia mai il paro si avesse trovato. Costui dunque avendo molte parti e dentro e fuori Italia ricercate, e quasi in ogni loco i suoi ferri adoperati, arrivò a Firenza in quel tempo che il nostro devotissimo San Bernardino vi predicava: dietro al quale per continua dimostratione di tanti evidenti miracoli che facea e per la divolgata fama di sua perfetta vita la maggior parte di Toscana correa. Pur tra la moltitudine degli ascoltanti per avventura un dì trovatosi il detto Angelo con un altro giovine pur salernitano, chiamato il Vescovone, assai dotto discepolo secondo la sua età nella scienza di Angelo Pinto, e riconosciuti insieme, e per rimembranza de la patria fattesi di molte carezze, e gran parte de’ loro accidenti l’uno a l’altro narratisi, ultimamente disse il Vescovone: Angelo mio, io mi sono qui fermato per fare un bel tratto, e non ho ancora trovata persona di chi fidar mi possa, e che sia forte di qualche centinaro di fiorini. E raccontatogli il modo, e quello sommamente ad Angelo piaciuto, gli rispose lui esser paratissimo e con danari e con tutto l’ingegno a volere in tal notevole inganno intervenire. E per non indugiar più sopra tal pensiero avuta una borsa ben grande con