Pagina:Il Novellino di Masuccio Salernitano.djvu/343

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adoperare di straziarmi tanti e tanti anni per costui, non dovesti avere almeno riguardo alla dignità tua, all’onore del mondo, all’amore che porta a te tuo marito e a quello che tu meritamente portare dovevi, il quale senza dubbio mi pare el più leggiadro virtuoso ed acconcio cavaliere che nella nostra patria sia? Certo non so altro che dir mi sappia se non che le più di voi sfrenata moltitudine di femmene in quelle cose che a la lussuria appartengono, né da timore né da vergogna né da coscienza siete raffrenate a far distintione alcuna dal signore al servo, dal nobile al villano, e dal bello al brutto, purché secondo il vostro imperfetto giudicio si possa o sappia meglio nel battere de la lana esercitare. La morte che con tanta istanzia a darti me inviti, non mi par necessario che tu avendola, la debbi con tanto desiderio addimandare, però che essendo sì denigrato e diffamato e oscurato il nome tuo, assai pejo che morta ti poterai per lo innanzi meritamente tenere e giudicare; anzi voglio che vivi al mondo per rendere a te medesima testimonio della tua nefandissima scelleragine, e che quante volte tu me viderai rimembrandote di tua miseria e preterita vita, tante morti di novo incorrerai. Ora rimani con la tua mala ventura, che egli è tanta e canina puzza che da tua contaminata carne esce, che quivi dimorar non posso. Ed essendo omai l’ora tarda, senza essere da alcuno veduto se ne uscì fuori, e ritornossi a casa sua; e la donna che ad una sola parola non avea risposto, dolente lagrimevole e trista in camera se ne tornò. Il giovine lasciata la sua insegna che giostrando e armeggiando portar solea, fece un nero e fiero veltro che tra piedi e denti tenea divorando