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sta nostra città un ricchissimo mercatante genoese di gran traffico e notevole per tutta Italia, il cui nome fu Messer Guardo Salusgio, di assai onorevole famiglia nella sua città. Costui adunque passeggiando davanti il suo banco posto in una strada chiamata la Drapperia, ove erano di molti altri banchi e botteghe de argentieri e sartori, e in quello passeggiare gli venne veduto dinanzi ai piedi di un povero sarto un ducato veneziano; il quale come che lutulento e pisto molto fosse, nondimeno il gran mercatante come molto famigliare di quella stampa di contenente il cognobbe,e senza indugio inchinatosi ridendo disse: Per mia fede ecco un ducato. Lo misero sarto che repezzava un juppone per avere del pane, come ciò vide, vinto da venenosa invidia, e, per la extrema povertà, da rabbia con dolore, se rivoltò verso el cielo con le pugne serrate, e turbato molto, maledicendo la giustizia con la potenza insieme d’Iddio, aggiungendo: Ben si dice, oro ad oro corre, e la mala sorte da li miseri non si move giammai; ma io dolente tutto di oggi me ho faticato, nè ho guadagnato cinque tornesi, non trovo se non sassi che mi rompono i calzari, e costui che è signore d’un tesoro ha trovato un ducato d’oro dinanzi li pedi mei, che ne ha quello bisogno che hanno gli morti de l’incenso. El prudente e savio mercatante, che avea fra questo mezzo dall’argentiere che gli stava dirimpetto con foco ed altri argomenti fatto ritornare il ducato alla pristina bellezza, con piacevole viso rivolto al povero sarto, sì gli disse: Buonomo, tu hai torto rammaricarti de Dio, per cagione
sco, dove ebbe un magnifico sepolcro, opera di Antonio Baboso di Piperno — Summonte, Istoria, lib 4. pag. 550.