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Dalla disciplina di costui discese, tra gli altri, Braccio e Sforza, che ne’ loro tempi furono arbitri d’Italia.

Dopo questi vennero tutti gli altri, che fino a’ nostri tempi hanno governato l’armi d’Italia; ed il fine delle lor virtù è stato, che quella è stata corsa da Carlo, predata da Luigi, forzata da Ferrando, e vituperata da’ Svizzeri. L’ordine che loro hanno tenuto, è stato, prima per dare riputazione a loro propri, aver tolto riputazione alle fanterie. Feciono questo, perchè essendo senza Stato, e in su la industria, i pochi fanti non davano loro riputazione, e li assai non potevano nutrire; e però si ridussero a’ cavalli, dove con numero sopportabile erano nutriti e onorati; ed erano le cose ridotte in termine, che in un esercito di ventimila soldati non si trovavano duemila fanti. Avevano, oltre a questo, usato ogni industria per levar via a sè, e a’ soldati la fatica e la paura, non s’ammazzando nelle zuffe, ma pigliandosi prigioni e senza taglia. Non traevano di notte alle terre, quelli delle terre non traevano di notte alle tende, non facevano intorno al campo nè steccato nè fossa, non campeggiavano il verno. E tutte queste cose erano permesse ne’ loro ordini militari, e trovate da loro per fuggire, come è detto, e la fatica ed i pericoli; tantochè essi hanno condotta Italia schiava e vituperata.


CAPITOLO XIII.


De’ soldati ausiliari, misti, e propri.


L’armi ausiliarie, che sono le altre armi inutili, sono quando si chiama un potente, che con l’armi sue ti venga ad aiutare e difendere, come fece ne’ prossimi tempi Papa Iulio, il quale avendo visto nel-