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192 | emilio salgari |
— Io! No, signor Yanez, è l’esplosione che lo ha ridotto in quello stato. Qualche frammento di granata gli ha aperto il fianco.
— Presto! A bordo!
— Ci siamo già, signor Yanez.
Le quattro scialuppe avevano abbordato il Re del Mare presso la scala, la quale era stata già abbassata.
Fu lasciato il posto alla barcaccia.
Due uomini presero delicatamente il comandante dell’incrociatore sempre svenuto e con le dovute precauzioni salirono la scala, seguiti da Yanez e da quattordici marinai dell’incrociatore, i soli superstiti strappati alle onde.
Sandokan, che aveva assistito impassibile alla distruzione della nave avversaria, li attendeva sulla cima della scala.
Vedendo il capitano ed i marinai del rajah, levò il turbante, dicendo con voce grave:
— Onore ai valorosi.
Poi strinse silenziosamente la mano a Yanez.
Darma, che si trovava a qualche passo insieme a Surama, pallidissima, profondamente commossa dall’orribile scena svoltasi sotto i suoi occhi, si era avanzata verso i marinai che trasportavano il disgraziato comandante.
— Egli è morto, è vero? — chiese con voce rotta.
— No — rispose Yanez. — Pare però che la ferita sia grave.
— Oh, mio Dio! — esclamò la giovane.
— Silenzio — disse Sandokan. — Fate largo al valore sfortunato. Si porti il comandante nella mia cabina.
Con un gesto che non ammetteva replica, arrestò Darma e Surama, poi seguì i marinai nel quadro, insieme a Yanez ed a Tremal-Naik.
Il medico di bordo, un americano che, come i macchinisti ed i quartiermastri cannonieri, aveva accettato l’offerta fattagli da Sandokan di rimanere a bordo sino alla fine della campagna, era subito accorso.
— Venite, signor Held — gli aveva detto Sandokan. — Il comandante dell’incrociatore pare assai aggravato.
— Farò il possibile per salvarlo, signore — aveva risposto l’americano.
— Conto su di voi.
Entrarono nella cabina, dove sir Moreland era già stato deposto sul ricco letto del pirata.