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80 emilio salgari

Mentre riprendevano il loro giro, i dayachi si erano accampati intorno alla fattoria, tenendosi fuori di portata dai tiri delle spingarde, costruendo rapidamente, con rami e con foglie di banano, delle capannucce per ripararsi dagli ardenti raggi del sole, mentre i loro artiglieri innalzavano senza indugio delle piccole trincee formate di terra e sassi e piazzavano i loro pezzi in modo da poter battere la fattoria tutto all’intorno. Quei cannoni non potevano recare quindi danno alle massicce tavole che formavano la cinta, essendo il teck un legno durissimo che offre una grande resistenza; tuttavia quando Yanez, terminata l’ispezione, salì sulla torricella con Tremal-Naik e Sambigliong, per dominare tutta la pianura, non potè frenare un gesto di stizza.

— Quel «pellegrino» deve essere stato un soldato — ripetè. — I dayachi non avrebbero mai pensato ad innalzare delle trincee, nè a scavare dei fossati per ripararsi dai tiri degli avversari.

— Lo vedi? — chiese in quel momento Tremal-Naik.

— Chi?

— Il «pellegrino».

— Come! Osa mostrarsi?

— Guardalo là, in piedi su quel tronco d’albero che gli artiglieri hanno fatto rotolare dinanzi al mirim per rinforzare la trincea.

Yanez guardò attentamente nella direzione indicata, poi, tratto di tasca un binocolo di marina, lo puntò.

Sul tronco stava un uomo molto alto e molto secco, vestito tutto di bianco, con alamari d’oro, con scarpe rosse a punta rialzata come usano i ricchi Bornesi di Bruni, ed il capo difeso da un ampio turbante di seta verde che gli calava fino sugli occhi.

Pareva che avesse cinquanta o sessanta anni. La sua pelle era assai abbronzata, ma non così scura nè opaca come quella dei Malesi e dei Dayachi; e anche i suoi lineamenti, che Yanez distingueva benissimo, erano molto più fini e perfetti di quelli delle due razze dominanti le grandi isole malesi.

— Parrebbe un arabo od un birmano — disse Yanez, dopo di averlo osservato a lungo. — Un dayaco no di certo e nemmeno un malese. Da dove sarà piombato costui?

— Non l’hai mai veduto? — chiese Tremal-Naik.

— Frugo e rifrugo nella mia memoria e mi convinco sempre più di non aver mai avuto a che fare con quell’uomo — rispose il portoghese.

— Eppure in qualche luogo dobbiamo averlo veduto. Il suo