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96 capitolo terzo


Giunti all’angolo, i due viandanti presero a sinistra voltando le spalle al rombo profondo dell’Aniene, passarono davanti al cancello grande del monastero e, girato l’altro canto del recinto, giunsero, per la galleria oscura che corre sotto la biblioteca, a una porticina. Don Clemente suonò. C’era da aspettare alquanto perchè alle nove o poco dopo tutte le chiavi del monastero si portano all’Abate.

«Dunque mi permette» chiese Benedetto «di restare fuori?»

Le altre volte che il Maestro glielo aveva permesso, egli era salito a passar la notte in preghiera sui greppi nudi del Colle Lungo, imminenti al monastero, o su quelli del Taleo o sulla costa petrosa che si taglia movendo dall’oratorio di Santa Crocella al bosco del Sacro Speco. Il Maestro esitò un poco, non ci aveva più pensato. E il discepolo gli era parso quel giorno più smunto, più esangue del consueto; temeva per la sua salute alquanto logora dalle fatiche del lavoro campestre, dalle penitenze, dal vivere disagiato. Glielo disse.

«Non pensi al mio corpo» supplicò il giovane, umile e ardente. «Il mio corpo è infinitamente lontano da me! Abbia solo paura che io non faccia il possibile per conoscere la Volontà Divina!»

Soggiunse che avrebbe pregato anche per aver lume circa questo incontro e che mai aveva sen-