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138 capitolo quarto


«Voglio esser bella!» esclamò Jeanne. «Ecco!»

Ella era veramente bella così, nella sua veste da camera di un giallo ardente, con il suo fiume di capelli bruni, cadenti un palmo sotto la cintura. Era molto più bella e più giovine che la sera prima. Aveva negli occhi quella intensità di vita che prendevano un tempo quando Maironi entrava nella stanza dov’era lei, quando anche solo ella ne udiva il passo nell’anticamera.

«Vorrei la mia toilette di Praglia» diss’ella. «Vorrei comparirgli davanti col mio mantello verde foderato di pelliccia, adesso in maggio. Vorrei che vedesse subito quanto sono ancora la stessa e quanto voglio essere la stessa. – Oh Dio Dio!»

Gettò le braccia, con un subito slancio, al collo di Noemi, le impresse la bocca sulla spalla, soffocando un singhiozzo, mormorò parole che Noemi non poteva distinguere.

«No no no» diceva «sono pazza, sono cattiva, andiamo via, andiamo via.»

Alzò il viso lagrimoso. «Andiamo a Roma» diss’ella.

«Sì sì» rispose Noemi, commossa «andiamo a Roma, partiamo subito. Adesso domando a che ora c’è un treno.»

Jeanne l’afferrò di colpo, la trattenne. No, no, era una pazzia, cos’avrebbe detto sua sorella? Cos'avrebbe detto suo cognato? Era una pazzia, era