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bava, secondo Maria, più ch’egli stesso non volesse, del minacciato colpo. E Maria, temendo di ferirlo se dicesse «hai paura?» aveva simulato un altro dubbio per aprirgli la via di confessare spontaneamente il vero. La risposta di Giovanni la sorprese.

«Sì» diss’egli. «Dubito di me. Non però nel modo che tu credi. Dubito di essere puramente un intellettuale e di esagerarmi l’importanza, davanti a Dio, delle mie idee. Dubito di non viverle, le mie idee. Dubito di sentire troppo sdegno contro coloro che non le dividono, contro dei persecutori che dobbiamo amare, contro quell’abate svizzero che venne qua con Dane e poi ha probabilmente parlato di ciò che si è detto allora tra noi, dove e come non doveva. Dubito di condurre una vita troppo inoperosa, troppo facile, troppo piacevole, perchè a me lo studio è piacevole. Dubito del mio stesso amore di Dio perchè sento troppo poco l’amore del prossimo. Mi viene in mente che le dolcezze mistiche mi possono addormentare circa questo punto. Tu, Maria, tu vivi la tua fede! Tu visiti gl’infermi, tu lavori per i poveri, tu conforti, tu istruisci. Io non faccio niente.»

«Io sono tu» mormorò Maria. «Sei tu che mi hai fatta così. E poi tu eserciti la carità intellettuale.»

«No no, questa è per me una parola presuntuosa!»