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rava fino alle undici. Mangiava pane, erbe, frutta, non beveva che acqua. Nel pomeriggio lavorava per niente le terre delle vedove e degli orfani. La sera, seduto sulla sua porta, parlava di religione.

Alle dieci e mezzo i Selva e Noemi andarono a veder Sant’Andrea, la chiesa di Jenne, accompagnati dall’ostessa, bella donna poderosa, pulitissima, semplice, ilare modestamente. Usciti in piazza dal dedaluccio di vicoletti dov’è l’osteria, vi trovarono gran capannelli di donne, a detta dell’ostessa, forestiere. Ella le distingueva dai busti, dai guarnelli, dalle calzature. Queste erano di Trevi, quelle di Filettino, quell’altre di Vallepietra. L’ostessa entrò in un forno a destra della chiesa dove parecchie donne di Jenne si facevan cuocere le stiacciate, ciascuna la propria.

«Forestiere che vogliono parlare al nostro Santo» diss’ella a Maria. Ella non diceva «fra Benedetto» come il marito; diceva «il Santo».

«Non a lui, però» dichiarò arrossendo «perchè lui se stizzisce.» No, non si stizziva veramente, perchè gli era un Santo; ma pregava con dolore di non venir chiamato così.

Nel gran chiesone rovinoso che «una domenica o l’altra» diceva l’ostessa «ce schiaccia tutti come topi» non c’erano che i due malati e la loro compagnia. I due malati erano stati adagiati sul