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il santo 265


Quegli rispose che sicuramente a Roma si parlerebbe di lui, che tutti saprebbero dove trovarlo.

«Se Dio vorrà!» disse Benedetto con un affettuoso cenno di saluto.

Il giovinetto gentile lo trattenne un momento per la mano.

«Sono lombardo anch’io» diss’egli. «Sono Alberti, di Milano. Si ricordi di me!»

E seguì Benedetto con lo sguardo intenso finchè, a una svolta della mulattiera, disparve.


Alla vista della croce dalle grandi braccia, sull’orlo della discesa, Benedetto ebbe un improvviso sussulto di commozione, dovette arrestarsi. Quando si rimise in cammino fu preso da vertigini. Fece pochi passi ancora, barcollando, fuori della via per togliersi dal passaggio della gente e si lasciò cadere sull’erba in un grembo del prato. Allora, chiusi gli occhi, sentì che non era un malessere passaggero, ch’era qualche cosa di più grave. Non smarrì del tutto la conoscenza, smarrì l’udito, il tatto, la memoria, la nozione del tempo.

Al primo riaversi, la sensazione, ai dorsi delle mani, del panno grosso, diverso da quello della solita sua veste, gli mise una curiosità non tormentosa, quasi divertente, circa l’identità propria. Si andò tastando il petto, i bottoni, gli occhielli,