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316 capitolo settimo


«Domani andrai a confessarti! E posdomani reciterai il rosario!»

Sotto la usuale tolleranza cortese del suo linguaggio, la benevolenza che mostrava pure a non pochi ecclesiastici, si nascondeva una vera fobìa antireligiosa. L’idea che sua sorella potesse un giorno accostarsi ai preti, alla fede, alle pratiche, gli faceva perdere il lume degli occhi.

Jeanne non rispose, si offerse mansuetamente per la solita lettura serale. Carlino le dichiarò netto di non volerne sapere, pretese di sentire degli spifferi, la tenne un quarto d’ora colla candela in mano a scrutar usci, finestre, pareti, pavimento, e poi la mandò a dormire.

Ma Jeanne entrata nella sua camera, non pensò a dormire nè a coricarsi. Spense la luce e sedette sul letto.

Strepiti di carrozze sonavano nella via, passi e fruscii di vesti femminili nei corridoi; immobile fra le tenebre, ella non udiva. Aveva spento la luce per pensare, per non vedere che il proprio pensiero, l’idea balenatale nello scender la scala di casa Guarnacci al braccio del professore dopo che, udite le parole sinistre «si teme che non viva» aveva quasi smarriti i sensi. In carrozza con l’Albacina, in camera con suo fratello, mentre doveva pur parlare e con l’una e con l’altro, fare attenzione a tante diverse cose, era stato un ba-