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a guardar l’entrata del convento, se donna Rosetta ricomparisse. Radi viandanti passavano lenti per la via silenziosa, guardavano nella carrozza. A Jeanne pareva offensivo che vi fosse della gente tanto tranquilla. Ah Dio, e lui, e lui? Il medico le aveva promesso un bollettino al Grand Hôtel per le sette. Non erano ancora le tre. Più di quattr’ore di attesa. E cosa direbbe il bollettino? Tante corse, tante pratiche, tanti maneggi, tante cose, e poi? Dio Dio, e poi? Si morse le labbra, si soffocò un singhiozzo in gola. Ah, ecco donna Rosetta, finalmente. Il cameriere apre lo sportello, ella gli ordina:

«Palazzo Braschi!»

E sale in carrozza, si getta un libriccino ai piedi, si strofina a furia le labbra, invece di parlare, col fazzoletto profumato, dice fremendo che ha dovuto baciar la mano al cardinale e ch’era tanto poco pulita. Però la visita è andata bene. Ah se suo marito sapesse! Ell’aveva fatto una parte veramente orribile. Il cardinale era quello famoso che si era incontrato una volta con Giovanni Selva nella biblioteca del monastero di Santa Scolastica a Subiaco, e lo aveva assalito chiamandolo profanatore delle mure sacre, promettendogli che sarebbe andato all’inferno e più giù. Donna Rosetta aveva soffiato nel suo fuoco per mandare a monte l’accordo segreto fra Vaticano e palazzo