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parava un’opera sulle ragioni della morale cristiana. Sua moglie leggeva per lui, scriveva sunti, pigliava note.

«Mi piacerebbe tanto andare a Hergyswyl, l’anno venturo» diss’ella. «Vorrei che tu vi scrivessi l’ultimo capitolo del libro, il capitolo della Purità!»

Giunse le mani, così dicendo, felice nella visione del paesello appiattato fra i meli in fondo al piccolo golfo, del lago sereno, delle grandi montagne religiose, di giorni tranquilli dati al lavoro e alla contemplazione in pace. Conosceva tutto il disegno dell’opera di suo marito e la tesi di ogni capitolo con i suoi principali argomenti.

Il capitolo della Purità le piaceva più di tutti, per la forte trama razionale. Suo marito intendeva porvi e sciogliervi questo problema:

«Perchè il Cristianesimo esalta come un elemento di perfezione umana la rinuncia che contraddice alle leggi della Natura, che travaglia l’uomo di lotte fierissime senza giovare a nessuno, che a possibili vite umane chiude la via dell’esistere?» La risposta doveva discendere dallo studio del fenomeno morale nelle sue origini storiche e nel suo sviluppo, cui erano dedicati i primi capitoli dell’opera. Selva vi dimostrava con l’esempio de’ bruti che si sacrificano per la prole o per i compagni del branco e sono talvolta capaci di unioni strettamente monogamiche, come nella na-