Pagina:Il Sofista e l'Uomo politico.djvu/25

Da Wikisource.
14 Capitolo I.

testa di legno, come, per esempio, quello delle Tusculane, non ha più una sua personalità: al dramma non si bada più, si bada solo alla logica. Anche quelle che pajono deviazioni o digressioni, non sono più nè riposi, nè libere volate, nè colorazioni di concetti già espressi; ma, secondo il paragone del Politico, sono tanti fili che devono quindi essere intessuti nell’unità della tela.

Il Sofista e il Politico sono perciò dialoghi scientifici, come tutti gli altri che seguirono, cioè il Filebo, il Timeo, il Critia e le Leggi, dialoghi scientifici con linguaggio scientifico e con metodo scientifico1, naturalmente con anche tutte le imperfezioni che nei primi tentativi sono inevitabili, e che Platone non seppe e in parte non volle evitare2. Sono dialoghi scientifici la cui sostanza, anche palesemente, non è la rappresentazione della vita ma la definizione dei concetti; e perciò nel Politico3 il forestiero cita il Sofista non come un discorso, ma come un libro, la prima volta che in Platone troviamo una citazione di sè in questa forma. Ebbene, ciò che dice Euclide nel nuovo prologo del Teeteto sullo scrivere, sul correggere, sul rifare, sull’omettere le parole ingombranti, non è che il programma del metodo nuovo; la quale dichiarazione, se anche nel Teeteto il metodo non potè essere applicato che in parte, era non pertanto necessaria per racco-



  1. Per esempio, è affermato che davanti alla scienza (τῇ τῶν λόγων μεθόδῳ) hanno valore tanto le cose grandi quanto le piccole (Soph. p. 227 A, Polit. p. 266 D); che bisogna assicurarsi bene anche di ciò che alla prima sembra chiaro (Soph. p. 242 BC); che l’avversario deve essere confutato secondo i suoi stessi principi (Soph. pp. 230 B, 259 CD); che bisogna passare dal noto all’ignoto (Polit. p. 279 A sg.), dal facile al difficile (Soph. p. 218 C, Polit. 277 E); e così via.
  2. Conscio della vanità delle discussioni di parole, di cui si compiacevano i Sofisti, Platone espressamente professa non doversi insister troppo sui vocaboli, oltre che nel Sofista, anche nel Teeteto, pp. 164 C e 199 A.
  3. Pagg. 284 B e 286 B.