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108 LA PRIAPEA

LXXXI.


Priapo, perchè sò che è cosa nuova,
     Nè più nell’orto tuo mai presentata,
     Ti reco tre albaretti di pomata
     4La quale è sine fine a tutta prova.
Peró se vuoi conoscere se giova,
     Pigliane innanzi pasto un’imbeccata,
     Perchè, per scarpa che non sia tagliata
     8La più calzante cosa non si trova.
Creder non devi ch’io ti faccia scorno
     A darti per unguento di stivali,
     11Di quello che si vende tutto il giorno.
Che di questa non hanno gli speziali,
     Ed è di quella lavorata al torno,
     14Che fanno di lor mano i Cardinali.


LXXXII.


Vorrei che m’insegnaste, o voi Pedanti,
     Per esser l’arte vostra l’insegnare,
     E un dubbio mi toglieste da pensare,
     4Ch’anch’io sarei de’ vostri dozzinanti.
Perocchè ne rinnego tutti i Santi,
     Per non saper la causa che’l fa fare,
     Che i putti voi volendo castigare,
     8Sul culo gli battiate tutti quanti.
Parmi faccenda a sofferirsi dura,
     Che dobbiate purgare il mal umore
     11Sulle chiappine d’una creatura.
Or, poffardio; che vi comporti il core
     Di dare una sì spessa battitura
     14Al culo, a cui portate tanto amore?