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IL BUON CUORE 93
nella Valtellina; e nella città stessa, scoperchiate le tombe, evocare le salme dei nostri martiri, dei nostri Arcivescovi, quasi a consiglio — elevarle sulle accorse moltitudini, nobile presentazione al corrotto popolo delle antiche virtù, bell’offerta a Dio d’una generazione migliore, e in ogni tempo e in ogni giorno tornargli sulle labbra l’invito alla preghiera. Poi, egli, il Pastore: “La salute a questo popolo deve venire da Voi, o Signore della vita e della morte. Ecco — io mi tolgo dalle labbra questo pane; mi sciolgo intorno questa porpora: ecco io sono cenere e peccato.... Perdonerete Voi al mio popolo? Vi ricorderete Voi delle vostre misericordie, o Redentore degli uomini?”.

Quale apparato di rinnovazione! Come visibilmente discende Iddio su questa città! A così maestosi auspicii ardirò io avvicinare, paragonare gli inizii delle riforme acattoliche, discorrendo i principii onde mossero e il furore di vili passioni, e l’orgoglio e il fastidio delle cose antiche, e la vertigine di indipendenza e l’ingegno indisciplinato, e la sapienza umana falsamente applicata agli arcani di Dio e una vita non illibata?!

Mettano un solo passo nella loro vita questi falsi riformatori e avranno chiariti i principii da cui partivano. Eglino, gridando riforma, hanno stesa la mano sul dogma, alterarono i fatti primitivi, scambiarono il male dei figli colla santità della madre. Se il cristianesimo è la tradizione della parola di Cristo, della parola di verità — di secolo in secolo ei non può rimanere che uno sempre e il medesimo. Che se da questa parola, da quest’opera di Cristo nella sua unione col mondo e col tempo, si può svolgere alcuna nuova applicazione, col giudizio della Chiesa, sarà sempre lo svolgimento di un principio per sè immutabile e dentro i limiti presignati dalla Chiesa stessa: se Ella ammette un nuovo grado di profondità a mano a mano che si penetri l’ineffabile dottrina, non è però bisogno di riforma, ma solo di promulgazione. E a questa intendeva il Santo colla diffusione dei libri scritturali, coi suoi catechismi, colle frequenti omelie, con quella istituzione tanto salutare della dottrina cristiana cattolica. È specialmente sovra il costume, che deve scendere l’azione innovatrice, e qui è l’opera della religione, e qui inoltra l’opera energica, indesinente, occulta dei ministri di Dio. A questa s’affrettava il Santo in capo a pochi del suo clero, mentre gli eretici novatori non curavano la menda dei vizii e, destituendo l’uomo di sacerdozio e di sacramenti, nudo ed inerme, lo lasciavano nell’ora del pericolo.

Ora, in nome di chi sorgessero costoro maestri delle genti, chi lo saprebbe dire? Hanno intronizzata la ragione, che, vergognosa dei suoi errori, lamentava un mandato, che non poteva compire. O non domandavano essi che fosse mai questa potente sovrana della terra, da cui viene la luce del mondo? Essa è l’uomo, la pupilla dei suoi occhi, indebolita dal fallo primo, non infallibile, come la vorrebbero alcuni, non defettibile così come la dicono altri. Ella vi è bensì l’autorità, che non isbaglia mai e che sola regge e ragione e fede e costume: la Chiesa cattolica, apostolica, Romana.

E l’umanità di ciascuna epoca in via di ritorno verso la giustizia, sotto il suo Cristo visibile quaggiù, il Papa,
e una fede, una speranza, un battesimo, una Eucaristia, la Chiesa; e abbracciati a Lei tutti gli antichi, che hanno creduto al Dio venturo e quelli della nuova alleanza, che credono al Venuto, ossia tutto il senno umano, liberato dagl’istinti, dall’errore, dall’orgoglio, — e profezie e miracoli e martirio, — e intorno intorno quant’è riverbero di questa verità altissima sulla vita, e scienze e lettere e ogni eroismo ed elevazione del genio umano, — la Chiesa, che bisogna aver sentita una volta nella gioia o nel dolore per crederla sempre. Vuolsi una esaltazione prodigiosa di spirito, una follia senza nome, per rinunciare al passato, togliersi alla verità cattolica e andarne soli al mondo con poche verità prese dal grande deposito e gridare alla emancipazione del pensiero! Pure il grande tentativo di quel secolo era questo appunto di togliere la Chiesa dalla umanità, e Carlo invece statuiva questo principio vivificatore, lo stringeva meglio questo amplesso eterno della Chiesa e della umanità, ragione prima di una vera e legittima riforma. Quando la corruzione e lo scandalo entrano nella Chiesa, si determina spesso una reazione isolata, dispettosa, nè par vero che la Chiesa possa redimersi da sè. Ma no, Dio buono! chè solo la Chiesa può redimere la Chiesa. Solo la Chiesa; l’ha detto anche colui, il Vescovo di Dio, che leggeva, genuflesso, le lettere del Pontefice che ne invocò ogni giorno i divini responsi.

Talora questo moto di riforma può sorgere di tra il popolo dei fedeli, crescere nell’opinione, ma la parola ultima, l’inerranza, il diritto, l’obbligazione morale non possono derivare che dalla Chiesa. Parlare, attendere, soffrire se bisogni; ma non staccarsi dall’albero da cui rescisso, il povero virgulto ingiallisce e muore. Alla Chiesa, alla sua parte divina ed eterna emendare la parte materiale e terrena.

Solo la Chiesa: e Clemente e Paolo e Pio hanno cominciata la riforma intorno a sè prima che oltremonte si levasse il grido disperato. Ora, perchè le difese sorgano ad un punto concordi, ecco il Concilio. Interessi nazionali, municipali, religiosi ne combattevano il modo, il fine, il luogo stesso: gli sarebbero state dattorno le vicine e lontane nazioni per averne un brano a profitto di una meschina politica. La verità uscita da quello tutta intera, colla sua necessaria intolleranza, coll’apparato di una disciplina allora redintegrata, doveva spiacere a molti anche de’ cattolici. Pure il Concilio! Vengano, vengano dai quattro venti i Padri della Chiesa e, pei suoi legati, proceda lui, il Pontefice Sommo.

E là nelle Alpi, in Trento, veramente a cavaliere delle due terre dissidenti, sono raccolte potenti intelligenze, santità consumate, provette esperienze, che vi portano la loro storia intima e quella dei loro paesi, unificazione della sapienza e della virtù disperse nel mondo cristiano. La croce altolevata, aperto il Vangelo e il nume di Dio librato in mezzo all’augusta assemblea: “Ti saluto, o Chiesa di Dio, o santa Gerusalemme! Dicevano che tu non avresti trovato le vie per riunirti; e tu ti stai maestosa come nei giorni che i tuoi Pastori si adunavano colle lividure delle catene di Cristo, colle cicatrici di un martirio recente. Or pure hai vinto i principi e le podestà; e il fremito della guerra por-