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IL BUON CUORE 165


Un viaggio botanico

sui monti di Kai-Chan1

Agosto-Settembre 1909.

Relazione mandata al distinto botanico sig. C. Sprenger di Napoli e da lui comunicata al «Bollettino dell’Associazione Nazionale di soccorso ai Missionari Italiani».

27 Agosto — Fo i preparativi per la partenza. Dovendo andare per vie e in luoghi sprovvisti di ogni cosa, mando a comprare nella città di Fan-tceng alcune scatole di pesci e di latte, un paio di scarpe di pelle e un cappello di paglia alla giapponese. Al vascolo già pronto da un altro fratello per fare delle raccolte più abbondanti.

Con me non può venire il mio erborizzatore ordinario, perchè si trova sui monti dell’Ou-tan-chan: in mancanza di costui e di una persona pratica qualunque, fisso un giovane di buone disposizioni che spero iniziare nell’arte della botanica, e che intanto mi farà un doppio servizio: porterà cioè una parte del bagaglio e, arrivati sul luogo, raccoglierà sotto la mia direzione.

Con lui vengono il mio servo ed il mio cuoco, quest’ultimo più come persona di fatica che come pratico di cucina. Egli, infatti, sa tanto di gastronomia quanto di botanica, ma in compenso ha buone spalle, e nel momento presente farà buon servizio con quelle. Il mio servo invece, avendo più volte assistito me ed i miei erborizzatori, potrà darmi un po’ di rinforzo con una certa competenza. È appunto per lui che ho fatto l’altro vascolo.

Alla sera, quando già tutto è pronto, tra il nuovo giovane e il cuoco si attacca una disputa che va a finire con una dichiarazione di sciopero; e ci vuole tutta la mia autorità e tutto il mio sangue freddo per farli rimpaciare e disporli nuovamente ad affrontare i 150 km. di via che debbono fare con una trentina di kg. sul groppone. Passo più della metà della notte nel terminare i preparativi e nello sbrigare le altre cosette in pendenza e solo al tocco posso andare in braccio a Morfeo. Nelle poche ore di riposo sogno monti, foreste, fiori, lupi, capre selvatiche e.... Lei, accosto a me, tutto occupato nel cercare a destra e a sinistra, tra le selve e i campi, lungo le siepi e le vie.

28 Agosto. — Mi alzo quando ancora il gallo vicino non si è svegliato a salutar l’aurora, e dopo il servizio religioso e la colazione ci mettiamo in viaggio, io a cavallo, e gli altri dietro a piedi. Oggi dovremo fare 40 km. metà dei quali in piano e il resto a traverso colline basse e spoglie di vegetazione.

Dopo 20 km. di via, e circa a mezzogiorno, arriviamo ad una mia cristianità dove si fa un alt ed uno spuntino.

È caldo afoso e soffocante.

Al neo erborista si sono infiammati gli occhi, e non può più seguitare il cammino. Lo rimando perciò
indietro dicendogli che mi raggiunga, se sarà guarito, nella città di Nantchang, e in suo luogo invito un coolie (portatore) provvisorio per fare l’altra metà di viaggio fino al paesetto di Ou-kia-ki dove passeremo la notte. All’arrivo in detto paese lo troviamo sottosopra per una notizia recata da alcuni mulattieri di ritorno da Siang-Iang. Si dice che un banchiere di Fan-tceng abbia chiuso bottega per fallimento, e siccome molti sono in possesso di biglietti della sua banca, così quella notizia li ha toccati nel vivo e li mette di cattivo umore. La notizia che l’Imperatore della Cina si fosse suicidato non avrebbe fatto tanto fracasso. Io li rassicuro alla meglio, dicendo che la notizia non è vera o almeno assai sospetta: e il paese rientra lentamente nella calma.

29 Agosto. — Ci riposiamo una giornata per passare la domenica, e siccome il mio cuoco è già stanco parecchio, assoldiamo due portatori nuovi, uno dei quali mi seguirà durante tutta la gita qualora l’ammalato degli occhi non riapparisca.

30 Agosto. — Ci alziamo assai per tempo ma quando siam per partire nasce la questione se per la via ci siano o no locande: chi dice di sì e chi di no, per cui pensiamo bene, oltre una buona colazione, provvederci ancora di qualche panino. La via, appena usciti dal paese, comincia ad internarsi nelle montagne della Sottoprefettura di Nan-Tciang, e debbo fare molta parte del cammino a piedi.

Oggi è caldo fin dal mattino e non spira un alito di vento. Verso le 8 siamo alla sorgente del Long-Wang che io già battezzai come Mosè per fontana della contraddizione.

Infatti, intorno a quella, molto tempo addietro, si litigò e si sparse del sangue tra due famiglie che volevano ciascuna tirar l’acqua al proprio mulino. La questione durò anni ed anni, ma finalmente intervenne il mandarino che ordinò con felice pensiero di fare una cateratta di pietra, praticarvi due fori eguali e di dividere l’acqua contrastata fra i due contendenti. La cateratta è ancora lì ricoperta di alghe e di muschi, dei quali prendo un pizzicotto come ricordo.

Uno dei due portatori mi fa osservare che il pertugio di destra lascia scorrere un ruscello più abbondante dell’altro. Ciò è vero e la ragione di questo potrebbero dirla il mandarino o lo scarpellino, o forse l’uno e l’altro, se a quest’ora non fossero già da qualche secolo in compagnia di Simon Mago e dei suoi miseri seguaci.

Alle nove si trova una locanda ed entriamo per mangiare un boccone, ma fuorchè alcune pere del Hon-nan, che un rivenditore ambulante, che si trova lì per caso, ci dà, non c’è altro. Proprio nel centro dell’albergo la padrona si occupa a far girare la mola da un asino col quale dividiamo la sala da pranzo!

Senza essere salutati e senza salutare ripartiamo, e alle 10 circa siamo ad un paesetto dove è giorno di mercato, e dove possiamo finalmente riposare un po’ e mangiare una scodella di pessima pasta, un panino e qualche Kaki mezzo acerbo.

Il caldo è insoffribile e si gronda sudore, benchè fermi e riparati all’ombra. Verso le due comincia a for-
  1. I monti di Kai-chan si trovano a Ovest della città di Siang-Iang. Questa città, poi, può trovarsi su tutte le carte della Cina nel centro del Hupé sul 32° grado di latitudine.