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IL BUON CUORE 187


dato la Chiesa è il conte Giuseppe Castelbarco, il quale ha effettuato il felice pensiero di ricordare i morti e i vivi e di tramandare ai posteri care memorie».

Il Cornelio brindava poi alla salute di tutti i presenti e delle loro famiglie, rivolgendo una calda frase a due nobili giovani, che nel convegno rappresentavano l’avvenire e affermavano la loro stima ai sacerdoti amanti della religione e della patria.

Felicissime le frasi pronuciate dal reverendo proposto don Rodolfo Dossi, il quale constatava con soddisfazione come la ricostituzione della Parrocchia di S. Bartolomeo avvenisse senz’alcun contrasto per effetto della mite bontà del festeggiato.

Con finezza di sentimento, il rev. canonico Giuseppe Gorla, rispondendo a chi gli aveva fatto amichevole critica d’essersi tenuto sempre in alto nella glorificazione del sacerdozio di Cristo, senza discendere al sacerdote festeggiato, affermava d’aver avuto assoluta proibizione d’ogni parola soggettiva e d’aver compreso nel suo pensiero l’elogio dovuto al celebrante da tutti amato e stimato. E infatti la glorificazione del sacerdozio di Cristo non era forse l’elogio più bello per colui che aveva saputo così bene comprendere e compiere così nobilmente la sua nobile missione in mezzo a’ suoi parrocchiani?

Dopo alcune nobili parole del conte Giuseppe Castelbarco, a tutti rispose con profonda commozione il proposto festeggiato, protestando spiritosamente contro le bugie accumulate intorno al suo nome.

Terminati i brindisi, facevasi distribuire ai commensali un elegante cartoncino recante le due epigrafi dedicate al festeggiato e il sonetto di Myriam Cornelio Massa che qui riportiamo:

A Don GIUSEPPE BERETTA


Son cinque lustri! Sorridea l’eletto
Giorno che Ti votava a santa vita!
Ancor rammenti il sovrumano e schietto
Puro contento e la divina aita


Quando dischiuso al core giovinetto
Ed all’alma desiosa e sbigottita
Del Santuario le porte, a Te fu detto:
Ecco il Premio e il Dover: entra o Levita?


Se all'alta Fè che infiorò la santa
Missïone d'amor che Ti fu guida
L'anima Tua serenamente or canta


Qual vergin cetra, ed in Dio sol s'affida,
Lieta quest'ora che il ricordo ammanta
Perennemente al guardo Tuo sorrida!


La bella, serena, indimenticabile giornata, terminò con vesperi solenni, accompagnati da scelta musica di Palestrina, Gounod, Schinelli, E. Bossi, Mercanti, Ett e Bernabei.

Padrini del celebrante erano i due cugini Moneta e il rev. parroco di Lomagna.

Larga e cordiale la partecipazione dei parrocchiani, ed evidentemente rappresentate le nobili famiglie Melzi e Castelbarco. Conclusione significante: un avanzo non indifferente della somma raccolta, che dal proposto sarà erogato totalmente a favore della chiesa.

Alle Scuole delle Dame Orsoline



Un insolito movimento si notava martedì in via Parini, un movimento di signore con signorine e bambine che, bianco vestite, accorrevano in gran numero sorridenti alle Scuole delle Dame Orsoline per partecipare ad un trattenimento accademico in onore del Proposto D. Giuseppe Beretta, già festeggiato domenica per le sue nozze d’argento.

Numeroso e scelto l’uditorio, e magnifico il programma comprendente cori, declamazioni, quadri viventi, musica per pianoforte e anche per violino, esercitazioni ginnastiche e perfino una commemorazione di S. Carlo.

Il trattenimento riuscì assai interessante e tale da lasciare in tutti la migliore impressione sull’ambiente eminentemente educativo di quella casa benedetta, nella quale l’istruzione e l’educazione, la scienza e la religione, le lettere e le arti belle trovano perfetta, geniale armonia per merito di distinte cultrici.

A metà trattenimento, in mezzo ad una profusione di fiori, si presentarono magnifici doni al Prevosto festeggiato, il quale rimase commosso dall’improvvisata gentile ed eloquente.

Che finissimi lavori in ricamo e in pergamena!

Il rev. mons. Virgilio Civati portò belle note serene, illustrando col suo savoir-faire la figura di S. Carlo tra l’infanzia e la giovinezza.

Completiamo questo cenno con una menzione speciale per la signorina Romani, la quale si fece veramente ammirare coi suoni cavati dal suo violino.

INVOCAZIONE1

A te, Signor, fin da quest’ora algente
che pallida nel ciel spunta l’aurora
i miei sospir rivolgo. Deh, clemente,
la prece ascolta di chi umil t’implora.


Non ha la vita stabile dimora,
non è mai gaudio umano permanente:
tutto da noi s’invola immantinente,
sotto l’ala del tempo che divora.


Solo tu agli anni miei resti, gran Dio,
verace speme: in Te ogni mia s’acqueta
ardente brama e trova il cor riposo.


Scenda adunque la tua dolce e segreta
parola assiduamente al petto mio,
d’ogni piacere ornai schivo e ritroso.

Napoli, 5 febbraio 1886.

Francesco Macry Correale.

  1. Dai Canti dell’adolescenza di prossima pubblicazione, seconda edizione.