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IL BUON CUORE 197


e d’aver ottenuto tutto... la sua anima fremeva di gratitudine, di umile gioia riconoscente... ed egli non regge più, egli torna su suoi passi, egli torna a Gesù!

Torna a Gesù per ringraziarlo, per benedirlo!

Chi imitiamo noi nel nostro atteggiamento interiore verso Dio; nel nostro contegno con i nostri benefattori?

Oh, quante anime pie si lagnano, perchè son tribolate esse o i loro cari! Noi non si merita; il tale non merita croci e dolori: è così buono, così religioso!

Come se la religiosità fosse un riparo alla sofferenza invece che una forza che la sofferenza trasforma ed eleva: come se all’uomo e non a Dio spettasse di decidere quel che è il meglio per noi; come se l’esser onesto, l’esser pio non fosse un dovere nostro, ma qualcosa che ci permette d’accampar dei diritti davanti a Dio... Noi non abbiamo diritti, non abbiam che doveri — il cristiano ha solo il diritto di compiere il suo dovere — doveri che negligiamo, che calpestiamo, ai quali veniamo costantemente meno.... E Dio che aiuta e ci ama e ci benedice anche così.... Umiliamoci per la nostra miseria; esultiamo per la misericordia divina e uniamo la nostra povera voce a quella del Samaritano riconoscente!

Mostrandosi ai sacerdoti gli Ebrei adempivano un precetto. Ma per adempiere un precetto della legge positiva, calpestano quello della legge naturale; questo nota Gesù e questo lo meraviglia e lo contrista. E con i nove ebrei ingrati lo contristano ancora tanti cristiani, lo contristiamo anche noi.

Non abbiamo mai paragonato lo zelo con cui le persone devote compiono ogni pratica imposta, anche appena consigliata dalla chiesa, e la leggerezza con cui calpestano le grandi leggi della morale? E’ uno spettacolo desolante che fa orrore e vergogna!

Certe anime timorate si farebbero scrupolo di tralasciare un Rosario e non se lo fanno, quando mormorano del prossimo e ingiuriano i fratelli; altre non lasciano passare un sabato senza accendere un lume davanti a un’immagine della Madonna, ma, nello stesso tempo mentono e usano restrinzioni mentali con disinvoltura... scandalosa!

E’ davvero uno scandalo grave questa condotta di tanti devoti! E con il loro contegno urtano spesso persone naturalmente oneste che, osservandoli, si fanno un ben povero concetto dell’efficacia della nostra fede.

Ma quando sarem tutti persuasi, convinti che le pratiche pie a nulla valgono senza la purezza integra, la onestà completa della vita? che, senza questo non sono che un’ipocrisia? Non tralasciamo, no, le pratiche religiose: ma riflettiamo che esse devono stimolarci a elevazione, a purificazione sempre maggiore: che se non giovano a ciò non hanno più ragione d’essere — non l’hanno più.

Osserviamo riverenti e docili le leggi positive, i precetti della chiesa, ma non dimentichiamo quella legge da Dio scritta nel cuore d’ogni uomo: quelle bisogna osservare e questa non omettere! Solo la fede che porta di purezza a purezza maggiore, che dona spirito di sacrifizio e d’amore, che trasforma l’uomo, solo questa fede è fede che salva: invochiamola da Dio... e speriamo che anche noi un giorno si possa udire la dolce parola di Gesù all’uomo di Samaria: La tua fede ti ha salvato!



Il Municipio di Milano ha ordinato 150 abbonamenti per distribuire in tutte le scuole i fascicoli dell’ENCICLOPEDIA DEI RAGAZZI.



L’Eucaristia e la Consacrazione degli Altari

Curiose pratiche della Chiesa medioevale


(Continuazione e fine, vedi n. 24).


Particolarmente interessante è il commentario di Lyndwode su questa prescrizione e giova citarlo tutto. Si vedrà come egli paia, per quanto uomo dabbene ed esemplare, che disapprovi l’idea di conservare il Santo Sacramento a scopo di divozione, e tuttavia egli visse meno d’un secolo prima della Riforma. Omisi varii accenni ai Canonisti e al Corpus Juris che servirebbero solo a imbarazzare l’argomento. Lyndwode commenta le parole loco reliquiarum.

Invece di Reliquie: Senza di cui gli altari non sarebbero consacrati. Se pure un altare fosse consacrato senza reliquie, secondo Hugh, la consacrazione è valida. Però colui che consacra senza reliquie, opera male, beninteso nel supposto che potesse fare diversamente come ordina l’Arcidiacono. Quindi, per quanto le reliquie non siano essenziali nella consacrazione d’altare, finora, dove non si può avere reliquie, taluni costumano mettere invece di quelle il Corpo di Cristo; e questo, secondo l’insegnamento di taluni dottori, dovrebbe praticarsi anche se le reliquie si trovassero. Intanto, benchè questo possa essere vero riguardo alla consacrazione di chiesa, non lo credo altrettanto vero per consacrazione d’altare, cioè, che il Corpo del Signore debba riporsi nell’altare in luogo di reliquie benchè l’opinione comune sia contro di me. La mia ragione di dir questo la si può trovare nell’Ostiense. Di più, una seconda ragione è che il Corpo di Cristo è cibo della anima. Inoltre, che Esso non dovrebbe conservarsi solo per gli ammalati. Ed Esso non dovrebbe essere usato ad altro scopo all’infuori di quello per cui fu istituito, perchè dovrebbe essere mangiato. Dove Egli dice: Prendete e mangiate non dice già prendete e conservate e seppellite. E l’istesso viene da altri testi del Corpus Juris. Ma che il corporale o parte di esso debba usarsi nella consacrazione di un altare invece di reliquie, non implica assurdità, come è chiaro.

La Summa dell’Ostiense, cioè del cardinale Enrico de Bartolomeis citato dal Lyndwode dichiara che lui, l’Ostiense, consultò il Papa (Innocenzo IV) sull’argomento dell’impiegare l’Eucaristia nella consacrazione degli altari, e che il Papa, dopo presa l’opinione del Patriarca di Costantinopoli e del Vescovo di Motula capitati in visita alla Corte papale di Lione, dichiarò che il S. Sacramento non si dovea usare in luogo di reliquie.

A dispetto della decisione di Innocenzo IV, sembrerebbe che la sacra Ostia ancora la si riponesse negli altari; ed è piuttosto interessante notare, dietro un curioso esempio di Barcellona di cui mi credo possedere abbondanti particolari, che quando il culto extra-liturgico del S. Sacramento divenne più famigliare, la mente del popolo respingendo l’idea di reliquia dall’Ostia collocata entro l’altare, si volse al concetto che la Santa Eucaristia era conservata là come in un tabernacolo alla venerazione dei divoti.

Parrebbe che la Compagnia dei Calzolai, nota col titolo di Compagnia di S. Marco a Barcellona, si accorse, qualche volta nel 1484, dell’esistenza di un documento che testimoniava come nell’altare della Cappella della loro Compagnia, era stata deposta cinquan-