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IL BUON CUORE 205


potrà esser loro davvero utile, anche come preparazione a uno studio più profondo, e che non può, in nessun modo pregiudicare le loro condizioni fisiche, perchè non esige sforzi superiori alla loro età.

Che se il canto insegnato nelle scuole elementari con un vero metodo e un fondamento scientifico potesse far nascere e prosperare anche in Italia quelle Società Corali che fanno tanto onore ad altri paesi e che sono un grande coefficiente all’educazione del popolo, il maestro Negri e chi lo coadiuva potrebbero essere davvero proclamati benemeriti, e Milano ancora una volta darebbe un esempio lodevole e imitabile.

Come ci difende uno storico Anglicano


L’ottuagenario dottor Giacomo Gairdner ha pubblicato recentemente un tal lavoro sulla genesi e il primo svilupparsi della Riforma in Inghilterra, che resterà per un pezzo la prima autorità in materia (Lollardy and the Reformation in England — Vol. 2, pp. complessive 1100; Londra, Macmillan and C.). Come lo dice il titolo, si tratta dell’associazione religiosa dei Lollardi, istituita nel 1300 ad Anversa per l’assistenza degli infermi e il seppellimento dei cadaveri, perseguitata dall’Inquisizione e considerata come eretica, e dell’Anglicanismo al suo principio. Per il fatto che l’autore, da sessantaquattro anni entrò come scrivano all’Ufficio di Registro, e prima di tutti fece la conoscenza con quegli originali documenti che occuparono in seguito la sua attenzione, possiamo immaginare quale competenza quale attendibilità abbia acquistato. E cosa strana! le sue conclusioni armonizzano con quelle degli storici cattolici, quali il Lingard e l’abate Gasquet; e contradicono alle vedute comunemente ricevute dalle sezioni della Chiesa Stabilita, l’alta e la bassa Chiesa. Nel The Month (Dic. 1908), il p. Gesuita Thurston, non facile lodatore, è entusiasta del libro e dello scrittore, che segnala a tutti gli studiosi da consultare.

Uno dei più importanti pronunciamenti del Gairdner, che riassume la principale lezione da trarre dall’opera, è subito nella prima pagina, dove è detto che non può accordarsi con quelli che ritengono la Riforma «una grande rivoluzione nazionale, espressa nella risoluta asserzione dell’Inghilterra per la sua indipendenza». E come già sentì il prof. Maitland, anche il Gairdner:non trova sostenibile che «non vi fu mai tempo in Inghilterra in cui l’autorità Papale non fosse mal sopportata» o che «l’atto decisivo del ripudio di quell’autorità seguisse in modo affatto spontaneo come risultato di lunga serie di atti somiglianti che si realizzarono fino dai tempi più antichi». Nulla, prima dell’abolizione fatta dal Parlamento, attesta la generale avversione dell’autorità spirituale di Roma; nè la nazione, prima di quella data, credette mai sarebbe stata più indipendente se la giurisdizione del Papa fosse stata rimpiazzata da quella del Re. E in ciò mirabilmente si
accordano Maitland agnostico e Gairdner fedele anglicano. Sentite come si esprime quest’ultimo:

«Roma esercitava il suo potere spirituale per la libera e volonterosa obbedienza degli Inglesi in generale; e che questi riguardassero tal potere come vantaggioso anche per il controllo esercitato sopra una tirannia secolare, è un fatto che non richiede per convenirne, nessuna profonda conoscenza dell’antica letteratura inglese. Chi era il — santo e beato martire — cui vanno a cercare a Conterbury i pellegrini di Chaucer? Uno che resistette agli attentati sovrani miranti a menomare i diritti della Chiesa papale. Per quel motivo e non altro, egli morì, e per quel motivo e non altro, i pellegrini che si recarono alla sua tomba, lo riguardarono come un Santo. Fu soltanto dopo che un re abile e dispotico mostrò di essere più forte del potere spirituale di Roma, che il popolo inglese spezzò i legami di sudditanza al Papa. Ed è pure documentato che sulle prime esso popolo cessò di obbedire contro voglia.

Quale fosse poi la vera natura della contesa tra l’autorità papale e quella secolare, cui il Vescovo Creighton vorrebbe trovassimo una semplice contesa per l’indipendenza nazionale.... noi possiamo dire in modo generale che essa fu essenzialmente la stessa che si accese al tempo di Becket. Essa fu una contesa non del popolo inglese ma del Re e del suo Governo con Roma.... Quanto ai sentimenti nazionali, il popolo evidentemente riguardò la causa della Chiesa come la causa della libertà. Che la sua libertà soffrisse grave danno coll’abolizione della giurisdizione papale sotto Enrico VIII, non vi può essere dubbio di sorta».

Parlando dei Lollardi il nostro autore non dubita di sentenziare che sulla fine del decimoquinto secolo essi erano morenti, anzi dei morti. Del Wiclefftismo non ha troppa simpatia. Nessuno, che abbia attentamente seguito i particolari della carriera di Sir John Oldcastle «il più valente e degno martire di Cristo» come lo chiama Foxe, sarà tentato di girare ad altri l’enfatica espressione del panegirista. «Nessun uomo dovette piangere il fato di uno che aveva mostrato al cospetto di tutti di essere il disonore del cavalierato». L’idea socialistica Wiclefflista non condusse che a serie perturbazioni tanto in Inghilterra che in Boemia. Un Protestante partigiano come Karl Hase dice: «Wicleffo non produsse nessuna permanente religiosa impressione sulla massa del popolo. Il suo insegnamento fu male inteso e causò una rivolta di contadini che finì in disastro». Un’accusa fu trovata a carico di Oldcastle che cospirò per uccidere Enrico V suo fratello, i prelati, ecc., per abolire gli Ordini Religiosi e radere al suolo le Chiese; e quest’accusa, il nostro autore in possesso di documenti dell’epoca, la conferma pienamente.

Altro bel punto del libro del Gairdner riguarda la questione della traduzione della Bibbia, là dove si dice della parte personale di Wicleffo nel promuovere detta traduzione, e del Nuovo Testamento di Tyndele e della Bibbia di Coverdale.

Ed interessa sentire come il nostro storico si pro-