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IL BUON CUORE 331


premunire quel cuore di cera che doveva tosto o tardi perigliarsi nel mondo. Era una scena commoventissima il vedere il vincitore di Marengo, di Jena, di Austerlitz, insegnare ad una bambina la dottrina cristiana; ed ora sotto ad una pianta annosa che ombreggiava il piazzale avanti il castello del Governatore, ed ora in fondo alla fresca valletta di Geranio, parlare di Gesù Cristo, della Chiesa, dell’eternità!

Ed era una giornata piovviginosa. La giovinetta che gran gusto aveva cominciato a prendere dalle lezioni dell’imperatore, non volle mancare di recarsi alla casa di lui. Però quel giorno in luogo d’uscire rimasero ambedue in una delle camerette di Longwood. Dopo alcune ore giunse anche il generale Bertrand. — Benvenuto, generale, disse Napoleone; ci hai trovati proprio in un punto che fa molto per te. Io stavo parlando a codesta tua figliuola della vita di Cristo la quale dal principio alla fine è un tessuto misterioso. Ma questo mistero spiega il mistero di tutte le altre vite. Rigettatelo, il mondo è un enigma: accoglietelo, ed avete una mirabile spiegazione della vita dell’uomo.

E qui il gran capitano continuandosi nel suo argomento, mostrava come a tutti i più grandi conquistatori infinitamente superiore fosse quel Cristo il quale aggregava a sè tutta la specie umana, e che con la sua parola faceva che tutte le generazioni si consacrassero a Lui, a Lui si legassero con vincoli più stretti che non quelli del sangue, e per un’unione più intima, più sacra, più imperiosa di qualsiasi altra. Bertrand pendeva silenzioso dalle labbra del grande; ma la figliuola era veramente rapita a tanta lerce di verità e a tanta forza di eloquenza. E allora l’Imperatore vibrando dagli occhi una luce inusitata: — O miei amici, sclamò, io pure misi l’entusiasmo nelle moltitudini che mi seguirono e morivano per me. A Dio non piaccia ch’io tenti alcun raffronto fra l’ardore dei soldati e la carità cristiana. Le sono cose tanto diverse quanto la loro causa. Ma infine ci voleva per questo la mia presenza, la elettricità del mio sguardo; con un mio accento, una mia parola io accendevo il fuoco sacro nei cuori. — Quì l’esule illustre trasse dal petto un profondo sospiro, guardò il cielo un istante, e poi volgendosi ai suoi uditori, con un accento di solenne mestizia ripigliava così: — Oh! la mia vita sfolgorò di tutto lo splendore del diadema e della sovranità; la vostra, generale Bertrand, rifletteva quello splendore come la cupola degli Invalidi, dorata per nostro comando, ripercuote i raggi del sole.... Ma venuti sono i rovesci; l’oro a poco a poco è scomparso; la pioggia della sventura e degli oltraggi, onde sono abbeverato ogni giorno, ne corrode le ultime reliquie. Noi non siamo che il piombo, o generale, e ben tosto io sarò terra!.... Tale è il destino dei grandi uomini... tale è stato quello di Cesare e di Alessandro... siamo posti in oblìo! il nome di un conquistatore come quello di un imperatore non è più altro che un tema da collegio. Le nostre imprese cadono sotto la verga di un pedante che ci loda ovvero ci insulta. Ancora un istante, ed eccovi la mia sorte e ciò che a me stesso accadrà. Assassinato dall’oligarchia inglese, io muojo anzitempo ed

il mio cadavere sarà reso alla terra per esser pascolo dei vermi. Qui para il destino prossimo del gran Napoleone.... Quale spazio immenso fra la profonda mia miseria dopo tanta grandezza e l’eterno regno di Gesù, predicato, amato, adorato vivo in tutto l’universo! È questo morire? Non è piuttosto vivere? Ecco la morte del Cristo, ecco quella del Dio.

A queste parole la giovinetta scoppiò in un pianto dirotto; e l’Imperatore chiudendole il viso fra le sue mani baciavala in fronte: — Coraggio, dicendole, figliuola mia. Ricordati d’amar Cristo e non partire da Lui. Dopo domani ti attendo; non mancare di venire dal tuo infelice maestro che trova pure un conforto nella tua carissima compagnia.

Le lezioni dell’Imperatore alla figlia del generale si prolungarono per due anni; e poichè il maestro la vide abbastanza istruita della Religione, fece venire di Francia un Sacerdote il quale, com’ei diceva, preparasse la fanciulla alla grand’opera, cioè alla prima Comunione, e lui stesso a morire. E la Comunione fu fatta nella Cappella dell’Imperatore, ornata in quel giorno con una pompa straordinaria. La damigella Bertrand, che entrava allora nei quattordici anni, pareva proprio un angioletto del Cielo. Sui capelli d’oro sparsi vagamente sugli omeri, aveva una corona di gelsomini, una veste bianchissima le copriva la persona bella; la sua guancia rosata, i suoi occhi cilestri, e molto più la modestia e la divozione ond’ella stavasi genuflessa innanzi all’altare, la facevano parere, a chi la mirasse, qualcosa più che mortale. I genitori ne piangevano d’insolita gioia, e finita la funzione, non poterono a meno di serrarsela strettamente al cuore. Ma forse più che ogni altro n’era commosso l’Imperatore e: — Figliuola mia, le disse, ti rammenta di questo giorno che è certo il più bello della vita cristiana. Tu hai molta intelligenza e cuore sensibilissimo; dunque avrai molto a soffrire. Nelle tue disavventure, nei dolori della vita ti ricorda che Cristo è l’ultimo rifugio, e ch’Egli solo non fallisce mai.

Queste parole rimasero indelebili nella mente della giovinetta, e furono come una profezia della sua vita. Difatti, non andò guari che su quell’ermo scoglio dell’Atlantico suonò l’ ultima ora dell’uomo fatale il cui nome aveva empito l’universo. La famiglia Bertrand restituivasi alla Francia, ma la nostra damigella in quello scoglio lasciava il cuore.

Un ufficialetto inglese, giovine bello e di alto lignaggio, era apparso sovente al suo sguardo. Egli era invaghito della fanciulla, e questa altressì sentiva per lui una simpatia irrefrenabile. Ma francese, figliuola d’un generale di Napoleone, discepola del grande estinto, doveva disprezzare un uomo appartenente ad una nazione cotanto avversata dall’Imperatore, dal padre, dai francesi in generale.

Qui cominciarono le lotte interne di quella brava fanciulla. Le ricche e feconde campagne della sua terra natale le sembravano meno belle delle brune scogliere battute dalle onde marine, dell’opaca vallata di Geranio,