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346 IL BUON CUORE


sile, allo scopo, se non di migliorare le condizioni di quelli che già vi erano, almeno di impedire che altri Italiani ne rimanessero vittime.

Il decreto ebbe l’effetto voluto, perchè l’emigrazione per il Brasile andò a poco a poco scemando, fino a ridursi ad esile vena: ma la crisi pesa tuttora sullo Stato di S. Paolo, per la ragione principale che la cultura caffeifera invece di diminuire si è andata sempre estendendo.

Le relazioni dei Consoli e degli Ispettori, che si sono succedute in questo tempo, hanno illustrato le condizioni dei nostri connazionali: non v’è dubbio che esse sono ora alquanto migliorate, ma il miglioramento è solo parziale, in determinate regioni ed in determinate fazende.

Conseguenza della crisi è che tre quarti dei fazendeiros hanno la proprietà ipotecata, e sovente l’interesse annuo dell’ipoteca assorbe quasi totalmente il reddito della fazenda, così che in generale, per non dichiarare fallimento, si rifanno sui coloni, angariandoli in mille modi: li pagano in natura falsificando le misure, impongono loro multe fortissime, arbitrarie, senza ragioni plausibili, li obbligano a fornirsi di tutto ciò che può loro occorrere, nelle vendas padronali, nelle quali spacciano generi scadenti a prezzi esagerati, li costringono a vendere a loro i prodotti, che comprano a prezzi irrisori.

Oltre queste ed infinite altre ruberie, cosa comunissima è il non pagare ai coloni i magri crediti che loro restano dopo tante falcidie: perciò ogni anno si verifica un esodo non indiffernte di coloni dallo Stato, sia rimpatrianti, sia diretti all’Argentina: esodo che sarebbe enorme, se i fazendeiros non si valessero del sistema di non soddisfare tali debiti, allo scopo di trattenere i coloni di cui essi hanno estremo bisogno, per non vedere annientato del tutto il valore delle loro proprietà.

Tali condizioni si verificano un po’ dappertutto, più tristi nelle regioni più lontane dai grandi centri, specialmente nel territorio di Riberao Preto, meno gravi in quello di Campinas e di Rio Claro: ma più che dalle regioni dipendono dalle varie fazende, dimodochè accanto ad una in cui le condizioni dei contadini sono discrete, se ne trovano di pessime, e ciò, evidentemente, per i sistemi con cui sono governate.

Un miglioramento, abbiamo detto, si nota in tutto lo Stato, ed è dovuto al fatto che a poco per volta si produce un selezionamento di fazende; quelle più indebitate cadono, frequenti sono le aste, nelle quali tali vasti possedimenti sono suddivisi e sovente acquistati a prezzi moderati da coloni italiani che dispongono di qualche risparmio: quelle rimanenti, dall’esempio traggono avvertimento per modificare i sistemi in modo più confaciente agli interessi dei coloni: in molte fazende già da tempo si permette la coltivazione fra i filari del caffè, di fagiuoli, di cereali, e di altri prodotti che occorrono alle famiglie, ed in vari luoghi si assegna a queste anche qualche pezzo di terra da coltivare per conto proprio, dove possono altresì allevare dei capi di bestiame.

Ve ne sono di queste, in cui i coloni interrogati, si

dichiarano soddisfatti: il Rev. D. Luigi Marzano Ispettore dell’Italica Gens, ritornando testè da un viaggio nello Stato di S. Paolo, che egli già conosceva anteriormente, ci portava come esempio di buona fazenda quella di S. Geltrnde, di proprietà del Conte Edoardo de Prates, situata nel municipio di Rio Claro, a due chilometri dalla stazione ferroviaria.

La sua estensione è racchiusa da un perimetro di circa 30 chilometri, e vi si coltivano 950.000 piante di caffè, le quali producono in media da 100 a 120 mila arrobbas all’anno.

Vi risiedono 1596 persone, distribuite in 172 famiglie di coloni, in grande maggioranza italiani, 20 famiglie di operai, ed altri impiegati.

I coloni ricevono 70 milreis ogni mille piante di caffè che hanno in cura, più 500 reis ogni alqueire di caffè prodotto. Oltre che della casa, essi usufruiscono di terreno ad uso di pascolo, e di altri appezzamenti per coltivarvi generi pel consumo della famiglia.

Nella fazenda si esercitano industrie attinenti all’agricoltura, vi è allevamento razionale di buone razze di bovini e di cavalli, vi è una segheria di certa importanza, per il legname.

I progressi tecnici moderni vi sono conosciuti ed applicati: un motore elettrico della forza di 110 HP fornisce forza e luce nelle case e negli stabilimenti.

In questa fazenda non sono discrete solamente le condizioni materiali, anche le esigenze di educazione civile e morale non sono trascurate: i sentimenti religiosi dei coloni sono rispettati; vi è una cappella, nella quale si fanno le funzioni religiose regolarmente; vi sono le scuole maschili e femminili, nelle quali i fanciulli apprendono la lingua italiana.

Nessun lamento ha luogo per mancanza di puntualità nei pagamenti, nessuna angheria si commette a danno dei coloni, i quali sono trattati con giustizia e benevolenza: al di fuori di qualsiasi legge, adeguati risarcimenti sono concessi ai lavoranti che rimangono vittime di infortuni sul lavoro: il Rev. D. Luigi Marzano ci portava a questo proposito, l’esempio di una vedova, cui il marito era morto per un accidente incorsogli nell’esercizio del suo mestiere, ed alla quale dall’amministrazione della fazenda, era stato conservato il posto che quegli occupava, ed agevolata la vita, che la disgrazia avrebbe resa difficile.

L’importanza di queste manifestazioni di elevazione civile e morale è tanto maggiore in quello Stato, dove in generale i nostri coloni, anzichè innalzarsi, scendono un gradino della scala della civiltà. Diceva giustamente l’ing. Coletti nella sua relazione comparsa nel n. 14 del Bollettino dell’Emigrazione del 1908, che a nel nostro colono in fazenda si svolge un fatale processo di decadimento intellettuale causato dall’isolamento e dalla rustichezza della vita. Nelle farms del Far West si tien vivo lo spirito dei coloni coi giornali e con le biblioteche circolanti. Qui invece, l’analfabetismo primordiale del colono esclude ogni ulteriore processo educativo; havvi anzi una degradazione procedente dal padre andato in fazenda al figlio che vi è nato e cresciuto, fuori di qualsiasi influenza educativa, come