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394 IL BUON CUORE


ria Immacolata, il cardinale Federico inaugurava solennemente alla presenza delle maggiori autorità e rappresentanze cittadine la Biblioteca Ambrosiana, egli compiva un atto assolutamente insolito per quel tempo, in quanto metteva a contatto del popolo una preziosissima raccolta, una fonte di cultura ricca come il largo censo del fondatore e l’amor suo immenso per le cose belle gli avevan permesso di riunire.

Uomo dottissimo nelle lettere e nelle lingue, nel diritto e nella storia, nell’eloquenza e nell’arte, colto di latino e di greco e delle lingue orientali, il cardinale Federico ricercava la compagnia dei bibliofili e degli eruditi. E nei 36 anni che durò il suo ufficio pastorale dal 1594 al 1631 le molte cure date al suo ministero, colle frequenti visite pastorali, coi 14 sinodi diocesani, e col concilio provinciale che tenne, non gli impedirono di escogitar mille modi per far incetta di manoscritti e libri vari. Vescovi e missionari in Egitto, in Asia, nelle regioni più lontane, forniti di grosse somme procedevano a trattative lente, pazientissime che procuravano al Cardinale meraviglie d’ogni genere.

Fu così che dall’inizio la biblioteca Ambrosiana potè vantare una superba ed invidiabile raccolta di manoscritti: 75 codici eran venuti dal monastero benedettino di Bobbio, competitore in quel tempo di quello celeberrimo di Montecassino; dal nord e dall’ovest dell’Europa eran stati raccolti in buon numero codici latini, dal sud d’Italia e dall’Arcipelago s’eran ricavati in gran numero manoscritti greci: l’Oriente e l’Egitto avevan fornito i manoscritti siriaci, ebraici, arabi, copti, etiopici: e al tempo istesso si praticavan ricerche presso confraternite, presso privati illustri ed oscuri, talchè all’inaugurazione della biblioteca, essa già poteva vantare un tesoro di 15,000 codici. Tra questi un manoscritto della «Commedia» della fine del trecento, un «De Officiis» miniato dei primordi del cinquecento, un «Virgilio» alluminato con postille di mano del Petrarca. Accanto ai manoscritti il cardinal Borromeo collocò una ricca suppellettile letteraria di stampati, già dalla fondazione ammontante a circa 30,000 volumi, e che nei tempi posteriori si accrebbe d’assai per cospicui acquisti, generose donazioni e illuminati lasciti. Il cardinal Federigo istesso donò morendo la sua ricca raccolta e l’esempio fu da moltissimi seguito: oggi la biblioteca vanta così oltre 250,000 volumi.

Nè era questo sogno ambizioso di Mecenate, nè vaghezza di collezionista ostinato: poichè forse sull’animo di quest’uomo coltissimo, avezzo a riconoscere i pregi ed i vantaggi di quest’arma valida di difesa contro l’errore, molto potè l’intento ch’egli si prefiggeva di ammaestrare i venturi ed armarli alla difesa della religione insidiata dal propagandarsi della Riforma, all’intelletto sereno del cardinal Federigo certo apparve nell’atto di dar effetto al suo grande progetto quanto vantaggio la scienza e l’erudizione avrebbero potuto portare nella lotta che in quel momento si combatteva, e perciò non solo raccolse la materia di studio, ma
curò con ogni mezzo che essa non si trasformasse troppo facilmente in un museo di cose morte quando invece da essa doveva vibrare l’affiato della vita e squillar la diana della difesa della religione. Così aprì i battenti della biblioteca al pubblico, aggiunse una stamperia di caratteri orientali e creò i collegi dei Conservatori e dei Dottori che durano ancora oggi, e quelli degli Alunni e degli studi classici provvedendo al tempo istesso ad ottenere dalla Santa Sede che si largissero borse di studio a quei giovani di provata capacità che nel Seminario studiassero in servigio dell’Ambrosiana.

I primi due Collegi hanno continuato insino a noi e non solo hanno conservato ed aumentato il patrimonio di cui il fondatore aveva dotato la biblioteca, ma hanno provveduto all’incremento degli studi giusta la norma espressa nel motto voluto per essi dal cardinal Federigo: «Singuli Singula», ciascuno una cosa, dedicandosi cioè ciascuno a qualche speciale ramo di sapere e rendendo conto di tempo in tempo dei loro studi col dare alle stampe qualche importante opera di erudizione.

Troppo lungo sarebbe qui citare la lunga schiera di dotti che diedero lustro all’Ambrosiana: basti ricordare il Muratori e quel cardinale Angelo Mai che fu detto il Cristoforo Colombo dei manoscritti. Ai giorni nostri meritan speciale menzione la edizione tipica del Messale Ambrosiano curata con trent’anni di pazienti ricerche dal dottor Antonio Ceriani, e la pubblicazione dei frammenti dell’Iliade dipinta del terzo secolo, frutto degli studi del Ceriani stesso in unione al dottore Achille Ratti.

Nè il sogno del cardinal Federico potè considerarsi conípiuto colle provvide istituzioni di cui abbiam detto: l’uomo che «baciava per ammirazione» il bel manoscritto del «De Divina Proportione» di Luca Paciolo, l’innamorato dei libri belli e delle cose belle, l’uomo che rimpiangeva e deplorava che il secolo dì Leonardo, Raffaello, Michelangelo tramontasse tra le vacuità ridondanti di un’arte fiacca ed esausta in vani sforzi verso lo stravagante, non poteva non riconoscere quale elemento possente fosse l’arte per integrar la coltura.

E così per eccitar allo studio dei grandi modelli antichi istituiva presso alla biblioteca una accademia di belle arti dove il disegno, la pittura, la scultura, l’architettura venissero insegnate in modo che ne uscisse elevato il livello spirituale della sua Milano. Specie delle attinenze dell’arte al culto divino si preoccupava il cardinal Federigo, e come aveva trattato l’argomento nell’opera sua «De Pictura sacra» così aveva inteso opporsi al malgusto dilagante che conduceva a vere profanazioni della casa di Dio. E dall’accademia non tardavan a sortire tutti eccellenti. I nomi di Procaccini e di Daniele Crespi basterebbero ad illustrarla e a ricordarla ai posteri, se l’Accademia di Brera sorta nel 1775 per iniziativa del governo austriaco quasi in continuazione di quella dell’Ambrosiana non ne costituisse ancor oggi il ricordo vivente.

Ma accanto all’accademia di belle arti il Cardinal Federigo volle anche raccogliere una pinacoteca. Il car-