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18 IL BUON CUORE


sua ha qualche cosa di mostruoso e di ripugnante. Certo non è alla donna conteso di spaziare, ove ne abbia la forza, nei nuovi orizzonti aperti dal moderno progresso, ma s’inoltri con umiltà nel santuario della scienza dopo essersi nutrita di sicuri studi religiosi, diretti ad arricchirne e fruttificarne lo spirito e non a soddisfarne le velleità intellettualistiche.

Per educare deve educarsi; deve cioè conoscere i problemi morali e sociali dell’epoca in cui vive, ma è a fianco di quella che è Madre e maestra universale, la Chiesa di Cristo, che deve seguire da vicino quel movimento di civiltà che si chiama progresso. V’è poi una parte femminile che riceve e non dà, quasi passiva di fronte alla vigile fatica e al generoso sforzo di tanti campioni del bene; forse per un’esagerata fedeltà a consuetudini e trepida forse per i pericoli che un indirizzo di libertà sfrenata minacciano, si disinteressa di quel movimento.

Non ci consente l’animo di approvare la completa astensione, la noncuranza, l’inerzia. L’uomo deve avere al suo fianco un essere capace d’intenderlo; la donna deve riservarsi gelosamente nella vita dell’uomo quel compito d’ispiratrice e d’illuminatrice così bene personificato dal nostro divino poeta in Beatrice.

E se la donna dovrà compiere tutta la sua missione educatrice che va fino a ispirare e consigliare l’uomo adulto e non si limita alla prima educazione del fanciullo e non termina quando questi abbia raggiunto gli anni della adolescenza e della gioventù — dovrà essere colta e intelligente, perchè l’influenza morale che essa potrà esercitare non deve emanare soltanto dalla sua mitezza e affettuosità, ma anche più dalla sua sapienza della vita. Apparirà agli occhi dell’uomo bella di quella bellezza morale che si raggiunge coll’educazione data al proprio carattere e va raggiunta ad ogni costo, subordinando ad essa armoniosamente tutti gli altri valori che elevano il decoro ed il prestigio muliebre.

IV. Come raggiungere questa ideale perfezione della donna cattolica in Italia?

Il solo svolgimento delle facoltà intellettuali non può rendere la donna idonea a compiere completamente e perfettamente la propria missione educatrice.

L’educazione importa la creazione di personalità coscienti e perciò il progressivo sviluppo di una notevole somma di quelle qualità d’ordine morale che preservino l’individuo dalle malsane influenze dell’ambiente in cui vive, lo preservino sopratutto da quelle debolezze per cui l’umana natura si degrada e si deprava e ne risveglino le buone energie generosamente conquistatrici.

L’educazione deve raggiungere queste due finalità:

1. dare all’individuo un concetto esatto della propria dignità umana rivendicata del cristianesimo;
2. indirizzarlo a esercitare saviamente la propria volontà, cioè il suo libero arbitrio, conforme alla Divina Legge.
1. Non v’ha quindi possibile educazione che non poggi sulla verità e dobbiamo bandire dai nostri metodi
educativi tutto quello che non corrisponde a questo bisogno di luce e di verità innato nell’animo del fanciullo, dell’adolescente e del giovane.

I caratteri forti sono il risultato di un lavoro coscienzioso di verità, ed ecco perchè, nonostante grandi virtù (spesso forse più apparenti che reali) troviamo negli antichi filosofi e nei grandi uomini del mondo pagano grandi imperfezioni e deficienze morali, e corre immensa distanza fra la perfezione morale da essi raggiunta e quella raggiunta dai patriarchi e dai profeti dell’antico testamento e dai filosofi e dai santi dell’èra cristiana.

2. Colla coscienza del libero arbitrio, che è in noi, assumiamo la responsabilità così grave e pur così nobile di noi stessi.

Siamo quindi moralmente obbligati:

a) di rispettare in noi stessi questa facoltà di liberamente determinarci; e questo rispetto dovrà muoverci a sciegliere sempre ciò che il Vangelo e la Chiesa propongono come più alto grado di perfezione morale;
b) dovremo anche esigere che questa facoltà sia dagli altri rispettata in noi, ciò che darà al nostro carattere quella fermezza e indipendenza che sono fra le preclare sue doti.

V. Questa educazione completa dell’individuo richiede che egli non si limiti a volere solo per sè una educazione fondata sulla verità e sul sentimento della propria dignità, sulla coscienza del sua libero arbitrio da rispettare e da far rispettare — ma egli deve volerla anche per il suo popolo, per la sua nazione, per la generalità umana.

La nostra religione c’impone questo desiderio di bene altruistico e universale, ma purtroppo dobbiamo riconoscere che il livello morale della nostra nazione è basso, perchè mancano generalmente forti coscienze e bene temprati caratteri che ispirino le magnanime proteste e le legali resistenze alle leggi che, come in Italia, vietassero le libertà della Chiesa, delle associazioni e manifestazioni religiose e la libertà d’insegnamento.

Il parlamento che dovrebbe rispecchiare l’anima d’una nazione cattolica, non la rispecchia perchè composto di molti elementi che vi giunsero più per forza di partiti essenzialmente materialistici nella concezione della vita che non portati dal libero voto di liberi elettori, ed è così che la nostra legislazione non corrisponde alla volontà della maggioranza degli italiani, volontà ancor più moralmente sana che non apparisca quando per la prepotenza di vili settari sono sancite leggi che, oppressive delle libertà individuali segnano un regresso, non già un progresso. Queste legislazioni a lungo andare pervertono le masse popolari e rendono a quei partiti una sincerità terribile, la realtà prepotente d’un generale pervertimento.

VI. La donna cattolica deve influire sull’anima della nazione creando forti caratteri, e solo per mezzo di un