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IL BUON CUORE 87


gavano i discepoli: Maestro, prendi un poco di cibo. Ed egli rispose loro: Io ho un cibo da ristorarmi, che voi non sapete. I discepoli perciò si dicevano l’un l’altro: V’è egli forse stato qualcheduno, che gli abbia portato da mangiare? Disse loro Gesù: Il mio cibo è di far la volontà di Colui, che mi ha mandato, e di compiere l’opera sua. Non dite voi: Vi sono ancora quattro mesi, e poi viene la mietitura? Ecco che io vi dico: Alzate gli occhi vostri e mirate le campagne, che già biancheggiano per la messe. E colui che miete, riceve la mercede, e raguna frutto per la vita eterna: onde insieme goda e colui che semina e colui che miete, imperocchè in questo si verifica quel proverbio: Altri semina e altri miete. Io vi ho mandato a mietere quello che voi non avete lavorato. Altri hanno lavorato, e voi siete entrati nel loro lavoro. Or dei Samaritani di quella città molti credettero in lui per le parole di quella donna, lo quale attestava: Egli mi ha detto tutto quello, che io ho fatto. Portatosi dunque da lui quei Samaritani, lo pregarono a trattenersi in quel luogo. E vi si trattenne due giorni. E molti più credettero in lui in virtù della sua parola. E dicevano alla donna: Noi già non crediamo a riflesso della tua parola: imperocchè abbiamo noi stesso udito, e abbiamo conosciuto, che questi è veramente il Salvatore del mondo.

S. GIOVANNI, Cap. 4.


Pensieri.

«Come mai tu che sei giudeo chiedi da bere a me che sono Samaritana?»

La donna, quasi, non crede a se stessa: possibile che un giudeo non solo rivolga la parola a una Samaritana, ma le chieda anche un favore?

I pregiudizi, gli usi sociali, le consuetudini, gli interessi, gli odi di razza, di religione, di partito, a volte assumono una tale preponderanza che arrivano a intaccare, a corrodere anche ciò che v’è di più profondo, il sentimento della fratellanza umana.

Solo gli eletti d’ogni tempo sanno elevarsi al di sopra di queste scissure, solo i migliori, cui anima una nitida visione della verità e un grande amore del prossimo!

Ma queste eccezioni son così rare! Ben aveva ragione di meravigliarsi la donna di Samaria! Quasi abbiam ragione di meravigliarci noi pure, quando vediamo qualcuno che sa dare un giudizio sereno, spassionato, che sa lodare il bene, biasimare il male, da qualsiasi parte e bene e male provengano!

È una tale miseria a questo proposito intorno a noi! È una tale miseria a questo proposito, anche dentro di noi! Non è vero che, a volte, noi udiamo di un atto buono, o di una parola elevata e ci sentiamo tocchi dentro e ci troviamo edificati.... ma che, quasi per una brutta magia, ci mutiamo all’istante se udiamo che l’atto fu compiuto da uno cui noi siamo avversi, che la parola fu pronunziata da chi combattiamo? Che, all’opposto, sappiam giustificare ciò che prima s’era biasimato, se si tratta di sostenere uno dei nostri?

Uno dei nostri! Come se non fosser dei nostri gli uomini tutti, curvi sotto lo stesso dolore che inonda la terra, assetati della stessa felicità che solo emana da Dio, figli tutti di Lui!

A Gesù che le promette acqua viva la Samaritana risponde, obbiettandogli come può attingere egli senza aver con sè nè secchio, nè corda.

Quando l’uomo religioso promette beni ineffabili e consolazioni profonde, i mondani restano perplessi....

Come possono dar gioie coloro che non apprezzano le ricchezze, gli onori, la gloria, che rinunziano alla vendetta, alla potenza, alla giustizia, par quasi, quando non si tratta che di lasciar colpire se stessi? Come attingere al pozzo profondo della felicità, senza secchio e senza corda, senza nessuna di quelle passioni che, pare ai mondani, sian le sorgenti della felicità?

E come la Samaritana a Gesù, costoro chiedono agli uomini del Signore delle spiegazioni per superare la loro difficoltà. E le spiegazioni, gli aiuti non mancano: è facile mostrare la insufficenza delle cose terrene a soddisfare uno spirito eletto, è facile di queste terrene cose, mostrare la caducità. Ma ciò varrebbe poco se, con la visione della loro mente, i ministri di Dio non sapessero dare anche l’amore, anche l’ardore del loro cuore.... non sapessero comunicare la loro persuasione, la loro fede, la loro vita interiore.... A questa comunicazione reale, a questo mistero della grazia rispondono quei mutamenti profondi che noi chiamiamo le conversioni.

Ma per riuscire a ciò è necessario non solo possedere se stessi i beni che si vogliono dare altrui, ma anche avere una speciale intuizione degli spiriti e un tatto speciale per avvicinarli, per vincere le loro resistenze, le loro ritrosie, le loro dubbiezze. E, se sono erranti, peccatori, caduti, ancor di più è necessario avere una gran forza di amore.... sempre il male non è vinto che dal bene, dalla virtù per eccellenza, la carità.

È solo un senso di pietà amorosa, di tenera simpatia che può addolcire e compiangere un cuore indurito e afflitto dal peccato! E, dopo tutto, se il male è la più grande delle sventure agli occhi della fede, non è giusto che, chi vive di fede e di virtù, sia soprattutto pronto ad amare questi bisognosi, così spesso infelici? E chi è santo davvero ha questa effusione d’amore di cui Gesù ci ha lasciato l’esempio e, come Gesù, ottiene miracoli di pentimenti e di conversioni a Dio.

Oh, pensiamo se quando noi, oppressi dalla colpa, invece di sentire, in chi accoglie la confessione della nostra miseria, una compassione buona, un senso di simpatia per la nostra volontà di riparazione e di bene, intuissimo, notassimo un’anima arida, un cuore insensibile alla nostra angoscia morale, pensiamo che spasimo sarebbe!

Ricordiamo anche appena quale fu il nostro affanno se ci avvenne, a volte, di dover udire una parola poco confacente al nostro stato d’animo, poco rispondente ai nostri bisogni....

Se è così per noi, che viviamo la vita religiosa abitualmente, pensiamo che intuizione, che amore son necessari per avvicinare le anime dissuete, quelle che un lampo di grazia commove e move verso la casa del Padre....

Oh, che Dio conceda ardenti anime sacerdotali per coltivare la sua messe!