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Anno X. Sabato, 22 Aprile 1911. Num. 17.


Giornale settimanale per le famiglie

IL BUON CUORE

Organo della SOCIETÀ AMICI DEL BENE

Bollettino dell’Associazione Nazionale per la difesa della fanciullezza abbandonata della Provvidenza Materna, della Provvidenza Baliatica e dell'Opera Pia Catena

E il tesor negato al fasto
Di superbe imbandigioni

Scorra amico all’umil tetto .....

ManzoniLa Risurrezione.

SI PUBBLICA A FAVORE DEI BENEFICATI della Società Amici del bene e dell'Asilo Convitto Infantile dei Ciechi
La nostra carità dev’essere un continuo beneficare, un beneficar tutti senza limite e senza eccezione.
RosminiOpere spirit., pag. 191.

Direzione ed Amministrazione presso la Tipografia Editrice L. F. COGLIATI, Corso Porta Romana, N. 17.




SOMMARIO:


Educazione ed Istruzione. —Domenico Russo. Un salotto — Roma nel 1871. Impressioni di viaggio — Paolo Cesare Rinaudo. Per l’ordine e il sorriso della casa — Carità verso il prossimo, poesia — Per l’Asilo Convitto Luigi Vitali pei bambini ciechi. Per la festa delle ova di Pasqua — P. C. R. Istruzione professionale agraria — Contessa Rosa di San Marco. Miserere, poesia.
Religione. —Vangelo della prima domenica dopo Pasqua — L. V. Monsignor Paolo Rotta, necrologio.
Società Amici del bene. —Appello alle persone di cuore — Francobolli.
Notiziario. —Necrologio settimanale — Diario ecclesiastico.

AVVISO


Giovedì, giorno 27 corr., dalle 14 alle 16 in una sala dell’Istituto dei Ciechi, Via Vivaio, 7 si potrà visitare l’esposizione di ova raccolte per la Festa del giorno 30 aprile a beneficio dell'Asilo Convitto Infantile dei Ciechi.

Educazione ed Istruzione


UN SALOTTO

Edoardo Rod ha portato nella tomba un sogno: quello di rifar la storia politica della Francia, durante il secolo XIX, narrando la storia dei salotti della sua capitale. In nessun altro paese, infatti, i grandi movimenti politici ebbero per ispiratrici segrete le donne, e tra le donne quelle che potettero raccogliere intorno a sè una zona d’influenza diretta, un salotto irradiatore... Ed in nessun altro tempo il fenomeno si rivelò così chiaro come nella prima metà del secolo XIX.

Appunto di uno dei più brillanti di quei salotti parigini discorrerà in una eloquente causerie, oggi, Ferdinando Laudet. Il salotto della signora Swetchine è famoso così per le doti della donna che vi regnava, come per gli uomini che vi passarono, e che formarono,
sicuramente, l’élite del cattolicismo francese durante mezzo secolo.

Russa d'origine, la signora Swetchine si chiamava da fanciulla Sofia Soymanof. A quattordici anni era stata nominata dama d'’onore dell’imperatrice Maria che, in seconde nozze, aveva sposato lo Czar Paolo I. A diciasette anni, per obbedire a suo padre, accettò la mano del generale russo Swetchine, il quale contava venticinque anni più di lei.

Un giorno, vittima d’un intrigo, suo marito cadde in disgrazia del sovrano; abbandonata la Corte ella continuò a brillare nella società mondana, dedicando, per altro, gran parte del suo tempo allo studio. Ella stessa lo ha confermato in una delle sue lettere: «L’amore del lavoro intenso ha solo confortato le lunghe ore dolorose della mia giovinezza.» La quale fu resa melanconica ancora da una lunga e penosa malattia.

Un uomo esercitò, allora, una grande influenza sullo spirito suo: il conte Giuseppe de Maistre, mandato in Russia come ambasciatore di Carlo Emanuele, re di Sardegna. Natura troppo indipendente per rendersi prigioniera delle sue simpatie, ella si disse conquistata dalla virtù e dall’altezza di pensiero dell’autore del Pape, ma non già dell’intransigenza del suo dommatismo filosofico.

Nel 1815, trascinata dalla vivacità dei suoi sentimenti religiosi, ella abiurava, dopo mature riflessioni, la religione ortodossa e si convertiva al cattolicismo. Qualche anno dopo lasciò la Russia con suo marito per andare a stabilirsi a Parigi. Aveva nella capitale francese larghe amicizie così nel corpo diplomatico come nell’aristocrazia, molti membri della quale, emigrati, in Russia, durante la Rivoluzione, ella aveva accolti generosamente nel loro esilio e che le eran rimasti riconoscenti.

Giuseppe de Maistre l’aveva, del resto, preceduta: scrivendo di lei in una lettera al visconte di Bonald: «Vedrete tra qualche giorno a Parigi, gli diceva, una dama russa che vi raccomando in modo particolare. Sicuramente voi non avrete mai incontrate tante doti di spirito e di coltura unite ad una maggiore bontà.»

Si capisce subito come, con una simile raccomandazione, dell’uomo che ebbe la direzione morale del mondo legittimista in quel primo quarto del secolo XIX, il sa-