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IL BUON CUORE 131


Io mi alzo, ed appare, come una visione, una cupola azzurrognola che spicca sul cielo. E là è Roma!....

La sera dopo il nostro arrivo, andammo in Piazza Colonna dove la musica suonava un concerto; la marcia trionfale dell’Aida di Verdi. Splendeva la luna, e illuminava i bassorilievi della Colonna Antonina; le parole scolpite sul piedestallo dicevano il nome dei popoli vinti; ed io ripensavo alla grandezza di quella stirpe famosa!

......Non rifarò la descrizione delle visite coscienziose alle gallerie del Vaticano, alle Loggie di Rafaello, alle rovine del Foro e del Colosseo. Le memorabili raccolte di capolavori d’arte, le antichità, gli edifici sacri sono il patrimonio del mondo intero, ma l’impressione che ne ricevevo era talvolta minore, talvolta maggiore di quella convenzionale ed imposta, direi, dall’abitudine e dal giudizio altrui. Ad esempio, la Basilica di San Paolo, edificio degno di Roma antica, rifatta nel 1823, a cinque navate, viene da molti paragonata a una grande sala da ballo, e non ritenuta abbastanza raccolta pel culto; a me piacque assai, ed ammirai quella selva di grandiose, bianche colonne che sorreggono il soffitto ricco d’oro, e si riflettono, come in uno specchio d’acqua, nel pavimento lucidissimo di marmo; quel tabernacolo sostenuto da quattro pilastri d’alabastro orientale, quegli altari di malachite, quella magnificenza insuperabile....

......Quando visitammo le Catacombe di S. Calisto, un malinteso spavento mi tolse alla gravità dei pensieri che avrebbero dovuto occuparmi. Si era parlato della paurosa leggenda d’una camerata di seminaristi che avventuratisi senza la guida in quel labirinto, si erano perduti e là entro miseramente periti. Il capo custode che ci accompagnava allo scendere, occupato altrove, consegnò la nostra comitiva ad un giovane, che disse essere suo nipote. Questi pose in mano ad ognuno un moccolo acceso, e dietro a lui ci avviammo per quelle tetre gallerie. A un tratto, mi viene in mente di chiedergli se conosceva bene la strada, ed egli mi risponde serio, senza voltarsi «Non vi sono stato mai!» Io mi sentii gelare, quando egli ridendo riprese «Eh! non farei questo mestiere!» Ebbi torto nel fargli quella domanda, ma l’impressione di paura bastò a disturbare le mie idee, finchè non uscimmo alla luce.

.......Un altro giorno ci recammo alle Terme di Caracalla. Mura e volte alte come montagne, sotto alle quali, fra le macerie, si stanno scoprendo pavimenti a mosaico che sembrano fatti da ieri, e cornicioni elegantissimi, e colonne di marmi preziosi. Queste Terme furono per secoli le cave di pietra dei Principi Romani, che ornavano i loro palazzi di quanto vi trovavano di meglio.....

.....Dopo qualche tempo, per riposare dalle faticose impressioni dell’arte, ci recammo ad Albano. La ferrovia
percorre la campagna, sparsa di rovine, gli acquedotti la fiancheggiano per lunghi tratti, e da lontano alla destra si vede il mare, a sinistra s’innalzano i monti della Sabina. Passando sotto la volta di piante secolari, abbiam veduto i solitari laghetti d’Albano e di Nemi, e traversato il grandioso ponte dell’Aricia. Fu una gita poetica e deliziosa.....

(Dai Ricordi di Giulia Carcano Fontana.)


Nota. — Questi frammenti d’un manoscritto inedito della compianta gentildonna, vedova di Giulio Carcano, vengono dalla famiglia dedicati ai parenti ed agli amici, nel quinto anniversario della sua dipartita (22 aprile 1906).

Per l’ordine e il sorriso della casa



«Focolare domestico», «vita di famiglia», «maternità»: parole ricche d’espressioni, risplendenti di verità e di realtà, evocatrici della poesia più umana, più universale e meno chimerica, parole forti e commoventi, che giungono alle nostre orecchie vibranti di una sonorità tradizionale e divina, e che appaiono sempre e sotto tutti i cieli come impregnate di felicità!... Ma che sono esse tuttavia, che diviene della bellezza e della bontà, individuali e sociali, ch’esse indicano ed esprimono, se la donna è una negligente o una ignorante, se non conosce affatto o non conosce più il suo magnifico e difficile mestiere di donna, se il compito che le incombe ad ogni ora del giorno la opprime e l’annoia? Il valore e la virtù della donna non sono solamente la fortezza e la vigilanza, è il saper fare, è il metodo. Organizzatrice della casa, guardiana del focolare, direttrice pratica della famiglia, essa deve toccare un grado sufficiente di perfezione per essere sempre la dispensatrice del benessere e della pace. Essa deve saper compiere con facilità, con arte, con gioia — e insieme con un’alta nobiltà morale — tutto questo insieme di piccoli e di grandi atti quotidianamente ripetuti, incessantemente variati, semplici, delicati e molteplici, che sono la sua vita.... e la vita degli altri.

Lavori modesti, che recano forse meno di noia e che sono senza dubbio meno facili di quanto non si sopponga! La vita della massaia è un’opera scelta, che è fatta d’amore e di arte. Tutti i minimi atti sono, per così dire, incolori: ma sono le loro tonalità monotone e grigie che si sovrappongono e si mescolano per creare la tinta armoniosa delle buone giornate, e per dare altresì un certo risalto alle annate felici!

Molte donne dedicarono i loro sforzi e talora tutta la loro vita per sviluppare la scienza razionale e la pedagogia teorica e concreta dell’attività domestica, delle quali riconoscevano tutta l’importanza teorica e pratica. La donna infatti può essere la migliore collaboratrice dell’opera intrapresa dagli igienisti contro l’alcoolismo, la tubercolosi e la mortalità infantile. È la donna che trattiene a casa quando lo voglia, il marito e i figli, creando loro un ambiente piacevole e gradito