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IL BUON CUORE 151


che ho riscontrati in tutta la loro urgenza e gravità. Quanto sarei felice di poterle scrivere presto che la Provvidenza ci ha benedetti, che la carità cristiana dei Milanesi ha fatto un nuovo prodigio; quanto godrei nel poterle assicurare che un grande numero di nuovi bambini le preparano giorni felici in terra ed eterna felicità in cielo colle loro accette preghiere! Con questo desiderio che converto in augurio, rinnovandole i miei più vivi ringraziamenti, mi pregio sottoscrivermi D. S. V. Rev.ma.

Camillo Carrara, Vicario Apostolico.


ALLA MOSTRA DI CASTEL S. ANGELO


(Continuazione, vedi numero 18).


Ma non meraviglia: le visioni e le istorie del nostro Castel Sant’Angelo sono battute nel contrasto: il fato tragico del sepolcro imperiale si snoda, inesorabilmente, anche attraverso la rigogliosa, fantastica, paradossale inesauribilità del capriccio: nelle sale di sinistra, una superba raccolta di ceramiche di un valore inestimabile; nelle sale attigue, nude e severe, un presidio di armi, di cimieri, di spade, di trofei: sono le reliquie militari del castello. Così, da un salone di munificenza ad una caserma. E nelle sale di destra, negli appartamenti di Clemente VII, la sala di un guerriero, la stanza da letto di un vescovo, la più bella ricostruzione storica, a mio credere, nella mostra attuale; e per l’arco elegante di un usciolo, il bagnettino pontificio, un gioiello di decorazioni grottesche; e per una porticina attigua, le prigioni.

Eccoci di nuovo nel contrasto: e le prigioni di Castel Sant’Angelo rappresentano, ancora, uno dei più fecondi luoghi retorici dei visitatori: le segrete veneziane e, dicono, quelle della torre di Londra, sono di un orrido assai assai più singolare: queste di Castello non sono molte: rappresentano, però, uno dei quadri più suggestivi di questa mole fantastica che fu ed appare ad un tempo sepolcro e fortezza, reggia e prigione.

Ma i ricordi e le evocazioni si affollano anche attorno alle angustie di queste celle di squallore e d’ombra; e il custode pro tempore 1911, non manca, anzi, di dar fondo a tutto il romanticismo storico annidato nei sotterranei. Badate: è fra i tanti custodi chiamati a visitare le bellezze di Castello, l’unico che parli; ce n’è un altro — ed uno solo — che saluta militarmente tutti i borghesi visitatori, ed è l’uomo grave e robusto posto a guardia dell’esposizioncella musicale. Le rammento con grato animo: ha salutato anche me.

Ma il custode delle prigioni è un uomo che parla: e parla bene, a voce alta, sonora, indicando col gesto breve le mura grigie delle celle, scandendo il dato.... storico e lasciandovi poi a tu per tu coll’eloquenza formidabile dei sassi, delle volte arcate, delle mura consunte....

— Vedano, questa è la prigione di Cavaradossi. La
Tosca, come sanno, si gettò a fiume dalla loggia del castello.

— Ecco il carcere di Beatrice Cenci. Entrino pure: qui ci stette due anni, e qui — soggiunge l’eloquente indicando un leggero rialto presso la parete di fondo — questo era il giaciglio dell’infelice fanciulla.

Già: sullo sfondo grigiastro della prigione, l’immagine bella della Cenci, quella profilata di Guido Reni, quella ravvolta nel turbante bianco delle Sibille, coi grandi occhi dolenti e presaghi. Guardate là, accasciata sul giaciglio durissimo, la vergine bianca di Francesco Domenico Guerrazzi....

E la rievocazione è potente: ed è un gran peccato che Beatrice Cenci non sia stata mai a Castel Sant’Angelo, che il ritratto di Guido Reni, non rappresenti Beatrice Cenci, che Guido Reni non l’abbia mai dipinto, che la vergine guerrazziana, poi....

(Continua). Egilberto Martire.

ACHILLE PECORARA, Medico Chirurgo

Nel numero precedente fu accennata la morte del Dottor Chirurgo Achille Pecorara. Aggiungiamo alcuni particolari.

Il Dottor Pecorara, d’anni 70, mori nella sua casa via Lanzone, 34, il 25 aprile, dopo un progressivo esaurimento di forze. Lasciò erede l’Istituto dei Ciechi di Milano di tutta la sua sostanza del valore approssimativo di oltre centocinquantamila lire, sebbene gravata da pesi, che per più anni assorbiranno i redditi della sostanza stessa.

I funerali gli vennero fatti il 28 aprile nella Basilica di S. Ambrogio. Il Consiglio, il Rettore, i membri dell’amministrazione, una larga rappresentanza dell’Istituto beneficato, ne accompagnarono la salma all’ultima dimora. Al Cimitero monumentale, il Rettore lesse un breve discorso, ricordando l’indole buona e generosa dell’estinto. In gioventù si era arruolato fra i volontari per la guerra dell’indipendenza, e in seguito aveva con zelo e disinteresse esercitata la sua professione di medico chirurgo presso l’Ospedale, nella sezione dell’Opera Pia di S. Corona, e presso altre istituzioni di beneficenza.

Il pensiero di favorire i Ciechi gli fu suggerita dalla moglie, da pochi anni estinta. Fu pensiero utile e santo perchè oltre favorire i colpiti di una grande sventura, col raccoglierli in un istituto, fornisce loro i mezzi di progredire nell’istruzione, secondo le esigenze delle nuove condizioni sociali.

Un urgente bisogno premeva in questi ultimi anni l’amministrazione, la riparazione cioè di una parte del fabbricato della casa di villeggiatura a Binago, che minacciava rovina. Questo bisogno potrà ora essere soddisfatto, e gli allievi tornando a Binago non pagheranno più il vantaggio dell’aria buona, colle paure e coi pericoli di un caseggiato indifeso e pericolante.