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189 IL BUON CUORE


pare impossibile, v’era preparato: le tradizioni eran cadute nell’oblio più profondo: nessun superstite si riuscì à rintracciare che potesse dar qualche informazione su la cerimonia precedente. Si dovettero far ricerche negli archivi di Stato, sfogliar documenti e memorie e risalire, a quanto mi si assicura, fino ai tempi di Guglielmo e Maria (1689).

Pare, invece, che quest’anno siasi trovato ancora qualche superstite di.... otto anni fa. Meno male!

A proposito di costumi: sembra accertato oramai (e dico sembra, perchè non si sa mai che può succedere in affari simili) che Re Giorgio porterà alla cerimonia della coronazione lo stesso mantello di drappo d’oro che portò già Eduardo VII. È un indumento pesantissimo e, si capisce, incomodissimo, che ha la forma di una cappa canonicale. Ma è stato tessuto in Inghilterra, e tanto basta. Nel 1902 si sono persino stampate delle fotografie intese a mostrar la finezza del lavoro e la bellezza del disegno. I motivi, per nulla fantasiosi, sono inspirati agli emblemi delle diverse nazioni su le quali regna il Re d’Inghilterra.

Di nuovo, vi sarà invece lo scettro, o per meglio dire, non nuovo, ma.... restaurato. Perchè lo scettro, in sostanza, sarà ancora quello di cui si son già serviti in precedenza tutti i sovrani inglesi dal tempo di Carlo II: solo, in parte, modificato. È un po’ come il famoso coltello di Jeamont, questo scettro: ora gli si cambia il manico, ora gli si cambia la testa. Questa volta toccherà, pare alla testa. Si è deciso, infatti, di ornarlo col più grosso gioiello estratto dal famoso Cullinan, il brillante donato, come sapete, a Re Eduardo dagli africani del Sud.

Siccome però lo stesso Cullinan serve anche, talvolta, ad ornare la corona della Regina o a prestarsi come collier, così si è pensato di affidargli, per questa occasione, una ingegnosa montatura mobile, dalla quale si possa estrarlo a volontà.

Come vedete, anche i sovrani hanno le loro.... piccole trovate economiche.

Un’altra innovazione della cerimonia di quest’anno sarà la scomparsa delle sette fanciulle che, precedendo il corteo, usavano, una volta, seminare di fiori il passaggio dei sovrani. E non si capisce davvero perchè sia stata tolta dal programma questa nota di gentilezza, in luogo di molte altre che rimangono ad appesantire di gravezza inutile e meticolosa la cerimonia forse più faticosa cui debba sottoporsi il sovrano inglese durante il suo regno. Ma in fatto di anomalie, è inutile che vi ripeta ancora una volta quanto e come brillino tutte le organizzazioni e tutti i costumi sociali e politici della Gran Brettagna.

Su di un fatto, invece mi sembra opportuno insistere fin d’ora: sul carattere, cioè, eminentemente esclusivista, che si propone di dare e si darà alla cerimonia della coronazione di Re Giorgio, la quale a malgrado della sua pompa e dell’intervento numeroso di rappresentanze estere, sarà soprattutto una solennità britannica, per non dire essenzialmente insulare.

Innovazione? No. Si sarebbe piuttosto tentati di dire: ritorno al passato. La coronazione della Regina Vittoria,
per esempio, fu un affare nazionale, null’altro. I sovrani esteri vi si fecero, è vero, rappresentare largamente, ma, dopo tutto, i sovrani — secondo la tradizione e secondo l’etichetta — non sono altro che.... cugini.

Quando, a più di sessant’anni d’intervallo, ebbe luogo la coronazione di Re Eduardo, si constatò già una grande differenza, la facilità e la rapidità delle comunicazioni rese allora possibile, l’intervento di sovrani di paesi lontanissimi.

Inoltre, vennero allora rappresentati anche le colonie inglesi e l’impero dell’India. Infine, Re Eduardo era un personaggio talmente cosmopolita, che da tutti gli angoli del mondo giunsero personaggi più o meno importanti, più o meno conosciuti da lui personalmente, desiderosi d’assistere alla più imponente ed importante cerimonia del regno. La coronazione di Re Eduardo fu, sotto molti aspetti, una solennità internazionale.

Con Giorgio V, invece, comincerà un’era novella. Gli avvenimenti hanno fatto molta strada in circa dieci anni. Le colonie autonome inglesi si sono federate e sviluppate; una nuova nazione britannica — poichè oramai le colonie non vogliono più esser conosciute come tali e si considerano invece nazioni — è nata nell’Africa australe, aggiungendosi alle nazioni sorelle della Nuova Zelanda, dell’Australia e del Canadà. Queste ultime, d’altra parte, hanno assunto, per proprio conto, una maggiore importanza: sono le sorelle anziane, fiere della loro grandezza e della loro dignità. Esse hanno bisogno, è vero, dell’Inghilterra, la madre patria — e sanno però ancor meglio, dopo che il movimento tariff-riformista di Chamberlain lo ha loro dimostrato — che l'Inghilterra ha egualmente bisogno di loro. Esse non vengono dunque, ora, alla cerimonia della coronazione ed alla conferenza imperiale come semplici figlie sottomesse, ma vi vengono invece come eguali, come associate indispensabili del grande impero britannico.

Vi è un’associata principale, senza dubbio, ma essa non ha più l’antica autorità materna: non ha che l’autorità, diremo così, di un’azionista la cui quota, nel fondo comune, è più forte di quelle degli altri. Se, individualmente, questa parte è ancora più considerevole di ciascun’altra presa separatamente, dal punto morale, materiale, potenziale, le parti riunite degli altri le fanno però da.... contrappeso.

È ora la prima volta che ciò si vede e si constata. Mai, sino ad oggi, nella storia dell’Inghilterra e de’ suoi possedimenti, l’importanza delle colonie era sembrata tale quale oggi luminosamente appare. Non è soltanto il Re dell’Inghilterra che verrà coronato il 22 giugno, ma il capo di tutte quelle nazioni unite, associate che costituiscono l’Impero britannico. Le colonie — The Dominions — per dar loro il nome ch’esse vogliono oggi portare — intendono di essere associate alla politica inglese come conseguenza logica, naturale della loro associazione della difesa imperiale. Nuovi e più stretti e più saldi vincoli si apprestano a maggiormente unire e fondere le diverse parti dell’Impero; ecco perché è lecito affermare che il regno e la coronazione di Giorgio V segnano il principio di un’era