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IL BUON CUORE 271


va assisa a destra del Re di cui seguiva i minimi gesti e raccoglieva ogni parola con avidità materna. Ci si sentiva presi di religioso rispetto in presenza di questa principessa, d’una maestosa avvenenza, su cui le vesti vedovili che mai avea lasciato da dopo la morte di Re Luigi VIII, effondeva una non so quale misteriosa tristezza a cui prendevasi parte senza volerlo. Un lungo velo candido temperava il brio dei suoi occhi spagnuoli, e la mano piccola e delicata sgranava lentamente un rosario portato a lei da un pellegrino che l’aveva composto con legno tolto alle piante del monte su cui Gesù venne tradito da Giuda. Quanto al Re, ognuno chiedevasi come tanta gravità si trovasse sul viso grazioso di un giovane di ventun anni, i giudizii da lui pronunciati erano sempre accolti con mormorii d’ammirazione da farlo paragonare al santo re Salomone.

Due uscieri facevano avanzare uno a uno al cospetto del monarca e secondo l’ordine del loro arrivo, coloro che intendeano indirizzargli qualche supplica. Quando fu;a volta di Pietro, le gambe cominciarono a mancargli; ma riprese coraggio e si inginocchiò avanti al monarca; poi, alzando gli occhi, si sentì rassicurato perchè vide dietro al Re il padre Tomaso d’Aquino. Evidentemente la bella figura di Pietro interessò la Regina e il Re Luigi, poichè si scambiarono tra loro un sorriso. Luigi IX mise un’espressione di bontà tutta particolare nelle parole con cui s’intrattenne col giovane.

— Ebbene, che mi domandate figlio mio?

— Sire, ecco dei progetti per l’erezione della Santa Cappella che voi volete costruire.

— Dei progetti per la nostra Santa Cappella? Io sono curioso di vedere quelli che mi vengono da uno che non ha ancora la barba.

Il Re spiegò i fogli e la regina madre si piegò sulla spalla del figlio per meglio vedere. Entrambi si lascia. rono sfuggire un grido di ammirazione.

— Per il legno della Santa Croce! tutto questo ha del meraviglioso, e nulla di quanto ci mostrarono finora gli architetti venuti d’Alemagna si avvicina a questo disegno. Chi lo ha fatto?

— Io, o Sire.

— Chi ne è l’autore?

Una vampa di fuoco sali al viso di Tomaso d’Aquino che si nascose la testa fra le mani come il condannato cui raggiunge il ferro del carnefice; poichè si sentiva complice d’una menzogna. Quanto a frate Antonio, un sudore diacciato gli bagnava tutto il corpo.

Ma il giovane rispose con voce alta e sicura:

— Non è mio affatto, o Sire.

— E di chi allora, — domandò il Re fra il mormorio di sorpresa di tutti i circostanti.

— Io non lo posso dire, perchè ho giurato sulla mia eterna salute di serbare il segreto. — Ma, — prosegui egli con nobile orgoglio, — che vostra Maestà mi incarichi di dirigere i lavori, e colla grazia di Dio, io li farò degnamente eseguire e in modo da guadagnarmi lode, o Sire.

Il cuore di frate Antonio batteva con tale violenza da spezzarne il petto; Tomaso d’Aquino ringrazia Dio d’avere salvato da una menzogna il giovinotto come aveva di già salvato Daniele dalla fornace ardente.

— Sire, — rispose il giovane Pietro, — questo è il segreto d’un mio benefattore e ne va della salute di un’anima. Preferii dirvi la verità anzichè assicurare con una bugia l’esito del mio progetto per quanto tale riu-
scita potesse decidere di tutta la mia vita; ma mi sono richiamato le parole della vostra augusta madre, ch’era preferibile morire al commettere un peccato mortale.

Un mormorio favorevole dei circostanti accolse codeste parole cotanto cristiane, la cui citazione inoltre non mancava certo nè di finezza nè di opportunità.

— Che dite voi di tutto questo, o Padre Tomaso, — chiese il Re volgendosi al domenicano.

— Io dico o Sire che lo Spirito Santo si è degnato di effondere la sua luce su questo giovane e salvare da una bugia alla quale, io religioso, non ebbi difficoltà ad esporlo, poichè o Sire, io conosco il suo segreto. Dio ha messo in lui la sua sapienza.

Il Re si intrattenne alquanto e a voce bassa colla Regina madre e chiamò il padre Tomaso d’Aquino. Durante questo dialogo gli altri si allontanarono rispettosamente come voleva l’etichetta di corte. Poscia Luigi fè cenno ai circostanti di avvicinarsi e disse:

— Come ti chiami tu?

— Pietro di Montreuil.

— Ebbene, Pietro di Montreuil, noi rispettiamo il tuo segreto e ti nominiamo nostro architetto reale per la costruzione della cappella del nostro palazzo. Da domani, i materiali, gli operai e il denaro necessarii saranno messi a tua disposizione, volendo che da oggi in sei anni abbia luogo l’inaugurazione di questo luogo di preghiera. Va in pace adunque, e non dimenticare mai per quali vie misericordiose il Signore ti ha portato, da una condizione povera ed umile, all’onore di costruire un tempio al vero Dio. Va, resta sempre fedele ai doveri di cristiano e odia la menzogna.

Pietro di Montreuil, col paradiso in cuore, si allontanò in compagnia di P. Tomaso d’Aquino, perchè frate Antonio nel timore di tradirsi per emozione si era ricondotto alla porta del palazzo dove aspettare il suo protetto. Tutti e tre poi tornarono in silenzio al convento di S. Domenico e si raccolsero nella cella di P. Tomaso.

— Pietro, disse allora frate Antonio, tu hai salvato l’anima mia togliendomi l’unico dolore che potesse riattaccarmi alla terra; l’opera mia non morrà. Intanto io vado ad espiare nella penitenza il delitto che ho commesso e che tutte le lagrime della mia vita mi cancelleranno forse dal libro che l’angelo della vendetta produrrà al giudizio finale.... Pregherò Dio per te e gli chiederò i lumi dello Spirito Santo affinchè tu compia degnamente la grand’opera di cui ti ha incaricato. Se le mie lezioni e la divina arte che Dio pose in te non saranno bastanti, vieni a bussare alla porta della mia cella, i miei consigli ti aiuteranno. Ma non venire se non l’esige la necessità, capisci? poichè io voglio morire al mondo, obliare tutto ciò che non è se non vana gloria e fumo; voglio inabissarmi nel mio pentimento. Si, lo giuro per la SS. Trinità, quind’innanzi non rivolgerò più a nessuno, nemmeno a P. Tomaso, delle domande sull’edifizio che tu sei per costruire. Addio, giovinotto, e che il ciel t’aiuti.

Pietro scioglievasi in lacrime, e si inginocchiò innanzi a frate Antonio che posò le mani tremanti sul capo del giovane e mormorò una breve preghiera.

(Continua).

(Trad. di L. Meregalli).




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