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Pagina:Il buon cuore - Anno X, n. 43 - 21 ottobre 1911.pdf/7

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il buon cuore 343
delle enormi moli semoventi, e gli ultimi erano giganti e potevan parlare con le stelle e udire ciò che le stelle dicevan loro?

Fantasticherie! direte voi. Ebbene, sì; a me piace tanto fantasticare specie se penso che soltanto così posso intellettualmente godere tanto quanto non godrei studiando, da appassionato tutti i libri dell’universo.

E intanto il vento non si fa sentir più e gli alberi novellamente tacciono. Qualche gallo lontanamente, squilla il suo acuto richiamo al sole. Dietro ai monti, da oriente, comincia a far capolino il volto pallido dell’alba. E nell’attesa che il sole torni a trionfar sul creato, tutta la natura ansiosamente tace. Gli uccelletti, sommessamente cominciano ad accordarsi per intonare, quando sarà ora, in piena armonia, l’inno alla risorta luce ed il fogliame resta immobile per non turbar gli studii deí gentili cantori. Nel mentre, l’alba è tutta comparsa e comincia la faticosa ascesa della volta celeste: al suo respiro affannoso le fiammelle luminose delle stelle tremano, balzano, vacillano, si spengono lentamente, tristemente, ad una ad una.

Un lembo color di rosa, svolazzante del morbido peplo dell’aurora, si distende, prima e fulgida promessa del sole.

Guglielmo Ferri.

Religione


Vangelo della domenica prima dopo la Dedicazione


Testo del Vangelo.

Disse il Signore Gesù a’ suoi discepoli: «Il regno de’ cieli assomiglia ad un re, il quale volle fare i conti co’ suoi servi: e avendo principiato a rivedere le partite, gli fu presentato uno che gli andava debitore di diecimila talenti. E non avendo costui il modo di pag are, comandò il padrone che fosse venduto lui e sua moglie, e i figlioli, e quanto aveva, e si saldasse il debito. Ma il servo prostrandosegli a’ piedi lo supplicava dicendo: Abbi meco pazienza, e ti soddisferò interamente. Mosso il padrone a pietà di quel servo, lo lasciò in libertà e gli condonò il debito. Ma partito di lì il servo, trovò uno de’ suoi conservi, che gli doveva cento denari; e presolo per la gola lo strozzava dicendo; Pagami quello che devi. E il conservo, prostrato a’ suoi piedi lo supplicava dicendo: Abbi meco pazienza, e io ti soddisferò intieramente. Ma quegli non volle, e andò a farlo mettere in prigione, fino a tanto che l’avesse soddisfatto. Ma avendo gli altri conservi veduto tal fatto, grandemente se ne rattristarono: e andarono e riferirono al padrone tutto quello che era avvenuto. Allora il padrone lo chiamò a sè e gli disse: servo iniquo, io ti ho condonato tutto quel debito, perchè ti sei a me raccomandato. Non dovevi adunque anche tu aver pietà d’un tuo conservo, come lo ho avuto pietà di te? E sdegnato il padrone, lo diede in mano de’ carnefici, fino a tanto che avesse pagato tutto il suo debito. Nella stessa guisa farà con voi il mio Padre celeste, se ciascheduno di voi non perdonerà di cuore al proprio fratello».

S. GIOVANNI, Cap. 18.

Pensieri.

Signore, quante volte dobbiamo perdonare? Sette volte? Non sette volte, ma settanta volte sette. Perdote sempre l Noi leggiamo oggi la parabola detta da Gesù per mostrare la necessità del perdono, la parabola del servo, che perdonato dal suo Signore non sa perdonare a sua volta al conservo, eccitando lo sdegno dei compagni e del padrone.

Meditiamo un po’ la pagina evangelica e poi noi, che troviamo così logica e giusta la condotta del Signore della parabola, vediamo se la nostra ammirazione non si risolve in una grave condanna di noi stessi.

Noi, tante volte perdonati dal Padre celeste, perdoniamo ai nostri fratelli?

Oh, i rancori insolubili che si trascinano per anni; le ripulse ostinate ad accogliere una parola che invoca pace; lo stato di costante inemicizia che si mantiene anche fra i cristiani, anche tra coloro che si dicon discepoli di Gesù!

Se hai qualcosa col tuo fratello e stai davanti all’altare, prima di fare l’offerta riconciliati col prossimo tuo. Chi può ripensare con sicura coscienza al precetto di carità? Chi è in questa disposizione di pace? Certo pochi, perchè la società risuona di parole amare, di maldicenze, di ingiurie.... oh, mio Dio, che scandalo questo male in una scocietà che prende il nome da Cristo!

Eppure ogni giorno noi recitiamo la preghiera di Gesù! Ma che vuol dire la santa preghiera, se sulle nostre labbra diventa parola di menzogna!

E c’è un altro guaio: a volte noi diciamo di perdonare, ma di non dimenticare. Ho perdonato al tale, ma non lo posso più rivedere! Ho perdonato a quell’amica, ma non la visito più! E si crede d’aver la coscienza pulita con questa scappatoia! Perchè ci illudiamo così? Perchè ci inganniamo così? Perdono vero non c’è se non c’è l’amore verso chi ci ha fatto anche del male; pace col prossimo non c’è se la nostra carità non l’avvolge senza limitazione alcuna.

Oh, i veri cristiani non sanno queste nostre concessioni fiacche e viziate: essi non mutilano la parola del Vangelo, ma l’accolgono e l’attuano nella sua pienezza. Tu m’hai fatto danno? (ed era danno grave!) Ebbene, se proprio è così lascia ti dica che io ti amo ancora di più!

Le parole così profondamente piene della umiltà e della mitezza del Maestro, che ho raccolte e custodite sempre, riverente e ammirata nel cuore, oggi ripeto, perchè, come a me, a molte altre anime tornino di edificazione e di esempio.

Gesù è passato perdonando; i suoi santi perdonano; la Chiesa ha fatto del perdono un sacramento.

Ognuno deve comprendere che non è più se non parvenza e illusione il dirsi discepoli di Gesù, devoti santi, figli della Chiesa se non si ha forza di perdono nel cuore.

Supplichiamo il Signore che ci aiuti a vincere la durezza e l'orgoglio del nostro cuore: ricordiamo le nostre mancanze, i nostri peccati e questa considerazione della nostra miseria ci sia stimolo a umiltà, a compatimento, a carità!