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50 IL BUON CUORE


temporanea. Con questo, per altro: che essa è perfettamente rispondente, io credo, ai nostri atteggiamenti spirituali e questi attestano una vigorosa forza di rinascita anzi che una decadenza.

Noi siamo in un interessantissimo periodo di elaborazione inferiore. Trent’anni fa, all’incirca, e forse per alcuni rispetti la data potrebbe anche spostarsi in avanti, parve che il pensiero umano fosse definitivamente pervenuto alla conquista di alcune verità, sulle quali potesse oramai adagiarsi in tranquillità secura. Era stato, veramente, tutto un faticoso lavoro di distruzione, uno scrollo violento a tutte le credenze tradizionali. Il positivismo scientifico s’illuse di aver proclamato il suo imperio assoluto in tutto il mondo del pensiero moderno: e bandiva il metodo sperimentale come l’unica sorgente di verità anche nello studio dei fenomeni sociali; il determinismo, posto come assioma fondamentale in filosofia, dava la linea ai nuovi sistemi eticosociali; nella scienza economica nutriva di se la dottrina socialista, che diveniva intanto culminante espressione del pensiero politico democratico; nella scienza giuridica mutava radicalmente le basi del diritto e il fondamento stesso della responsabilità penale.

La letteratura si risentì anch’essa, naturalmente, del nuovo orientamento del pensiero contemporaneo: fiori la novella realistica e il romanzo «sperimentale»; e si determinarono, in poesia, due correnti, immensamente dissimili nella forza e nella forma dell’espressione artistica, ma pure in certo modo affini nella loro scaturigine prima; da un lato la reazione neo-classica del Carducci, dall’altro la bolsa enfasi retorica dei «bardi» novelli, dei «vati» della nuova coscienza bardi umana: Rapisardi, Cavallotti, i profeti del romanticismo democratico.

Senonchè queste stesse poderose armi di cui l’indagine scientifica s’era servita per ferire a morte le teoriche tradizionali, ecco che a poco a poco cominciano un lento, sottile, ma continuo lavorio che mina le fondamenta delle nuove costruzioni.

La critica e l’analisi cominciano a poco a poco ad esercitarsi implacabilmente sulle stesse assiomatiche verità proclamate come definitive conquiste del pensiero scientifico; l’assoluta certezza di ieri scade oggi nella probabilità dell’ipotesi; l’indagine sperimentale segna a se stessa dei limiti, oltre i quali confessa di non poter giungere, di non poter nulla affermare, ma di non poter nulla negare, egualmente; e le verità tradizionali, negate ieri con così veemente ardore, eccole alfine riprese in esame, riportate all’onore della discussione, nuovamente arridenti col loro fascino luminoso allo spirito umano improvvisamente nostalgico d’idealità.

Solo una cosa rimane, verità viva ed augusta ma è un palpitante fatto umano, non un’incerta costruzione teorica: l’elevazione civile delle plebi. Ma essa, per esser già appunto pervenuta a un considerevole grado di attuazione, è uscita da tempo da quel periodo di vago idealismo sentimentale, che le procurò (buoni o
cattivi che fossero, tra noi), i suoi poeti. Materia di poesia non sono che le aspirazioni o i ricordi, perchè l’esaltazione fantastica, elemento essenziale del fenomeno poetico, ha bisogno di essere affrancata dagl’immediati rapporti della realtà.

Or i giovani poeti d’Italia rispecchiano perfettamente l’anima del nostro tempo. Anima nostalgica e pensosa, intimamente raccolta nella trepida indagine di se stessa, essa è tornata a ricercare ansiosamente la verità spirituale che l’appaghi e la pacifichi: la ricerca entro se stessa, spiando le sue segrete predilezioni, i suoi nostalgici rimpianti, il senso di tenero struggimento che le dà il pensiero del lontano passato sereno, e cogliendo e fermando nel suo breve giro quei barlumi di verità che a volta a volta le balenano; la chiede all’inconsapevole saggezza delle cose, che furono e che saranno al di fuori delle complesse e vane preoccupazioni umane, e ad esse si accosta con rinnovata semplicità, e si svolge alla Natura con un senso di virgiliana reverenza e di simpatia francescana.

E’, per conseguenza, una poesia essenzialmente lirica che predilige le forme metriche più brevi e più delicate, e ripiglia qualche antico ritmico pieno d’accorata musica scadente; una poesia, vorrei dire, che ama ascoltarsi, perchè è sopratutto fatta d’un’appassionata intraspezione; e gli accenti sonori le sono ignoti perchè fino ad oggi almeno non ebbe guerrieri da sospingere alla vittoria nè plebi più alla riscossa: vive d’anima e s’accende di pura e pallida luce interiore. Poesia in tono minore certamente: ma perchè sboccia dall’alto silenzio che si fa intorno all’anima nostra, quand’essa parla con se stessa.

Ma l’anima che interroga e saggia se stessa è sempre in uno stato di grande elevazione spirituale.

Guido Raimondi.

I CANI ALLA GUERRA

Se la guerra è una necessità alla quale non è possibile sottrarsi, è dovere degli Stati belligeranti renderla più rapida e più umana. In altre parole deve essere precipuo miraggio quello di adoperare ogni mezzo per raggiungere il fine nel più breve termine possibile, e, al tempo stesso, mirando alla vittoria e alla pace che ne consegue, risparmiare quanto più sia possibile, la vita umana.

L’Italia, impegnandosi in guerra con la Turchia sul suolo africano, è stata per sua ventura, la prima fra le nazioni europee a usare di quanto la scienza della guerra ha escogitato in questi ultimi anni, per conseguire la vittoria nel più breve termine possibile e col minimo sacrificio della vita umana.

Senza dire del completo e confortante equipaggiamento delle truppe, senza dire della perfetta e rapida organizzazione del servizio sanitario, senza dire di cento altri piccoli dettagli che il popolo ignora e che per la prima volta sono sperimentati in guerra, basta